| | | OFFLINE | | Post: 482 | Giudice***** | |
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15/12/2017 18:02 | |
Lo so, lo so… diciamo tutti così, ma è vero: se avessi potuto avrei pubblicato le valutazioni prima, ma la vita vera esiste, e quindi mi accontento di rispettare i tempi delle consegne…
Le vostre storie sono belle e dolci e tenere e disperate e tutto quello che è “Iron sky”, canzone splendida. Vi ho lette ispirate e messe a nudo, come fossi il vostro diario segreto e per questo non vi ringrazierò mai abbastanza.
Sono felice che la canzone vi abbia smosso (sfido a restare indifferenti) qualcosa e che voi siate state così tanto coraggiose da metterle in piazza!
Sarebbe stato bello e interessante se avessimo avuto più iscritti, ma non puoi obbligare nessuno e quindi, come si dice, “tre è il numero perfetto” e la terza sono io, così pazza da tentare di valutare i vostri stati d’animo e le vostre emozioni profonde.
Sono a vostra disposizione per qualunque delucidazione e se non vi piacciono i miei commenti, ignorateli; le vostre storie restano belle in ogni caso.
Per ovvi motivi, nonostante siate in due (per questo metto la regola del minimo due), darò seguito alla classifica. Sappiate che vi sono grata per esservi messe in gioco e non esservi ritirate; sarebbe stato facile; brave, brave, brave!
Si va a incominciare!
2° classificata “Tu scali le montagne” di SweetPaperella
Grammatica e punteggiatura: 6/10
La grammatica risente dell’uso eccessivo degli aggettivi “questo/a” “quello/a” senza dare spiegazione di chi/cosa sia “questo/a” e “quello/a”: il lettore si imbatte, per tutta la durata del testo, in formule come “quella montagna”, “quella ragazza”, “quella giovane donna”, “quella Claudia” che diventa anche “quella stessa Claudia”, “quel diploma”, “quel potenziale”, “quanti esami”, “quelli di famiglia”, “quelli che ti dicevano”, “quanto contassi”, “quanto valessi”, “in quel pezzo di vetro” senza mai avere il termine di paragone o la ragion d’essere della specificazione che si tratti proprio di “quella” e non di altre. In pratica, quando vengono letti “questo/a” e “quello/a” le domande scaturiscono da sole: “questo quale?”, “quello chi?” senza che venga data una risposta.
Il verbo “vale” deve essere il congiuntivo “valga”.
Il verbo “infondere”, che letteralmente significa “versare dentro”, non trova collocazione da nessuna parte: “infondo” (tutto attaccato) non è “in fondo” nel senso di “giù”, “più giù”, “parte inferiore o più lontana rispetto a chi guarda”.
Concordo sull’eliminazione della d eufonica. È regola, però, di non toglierla nei modi di scrivere cosiddetti “cristallizzati”: “ed io”, “ad esempio”, ecc.
La punteggiatura è sbagliata in varie occasioni: accapo errati (si va accapo quando si cambia discorso), interiezioni senza virgola (es. “Ce l’hai fatta hai visto?”, “non sei così lontana dalla meta sai” dove, in questo caso, dopo “fatta” e “meta” va la virgola), punti e virgola e doppi punti disattesi, “virgola e” non necessari, “punto E maiuscola”.
Lessico e stile: 7/10
Il racconto è scritto dal punto di vista del cuore di Claudia, che si complimenta con lei per essere riuscita a migliorarsi, soprattutto nei confronti della scuola e della professione.
Il cuore crede in Claudia più di quanto Claudia creda in se stessa, e funge da grillo parlante esortandola e sostenendola nelle scelte fatte.
Il lessico è semplice; le parole usate sono normali e largamente usate nel linguaggio comune.
Lo stile risente di un esagerato uso di interiezioni (“hai visto?”, “no?”, “vero?”), dei già citati “questo/a” e “quello/a” e dalla ripetizione di termini e concetti usati nelle frasi precedenti (es: “Hai superato ostacoli… hai superato addirittura…”, “quella ragazza, quella giovane donna…”, “Quella Claudia… Quella Claudia…”, “… forse più di quanto… O forse facendo…”, “Tu proprio tu, che pensavi che... Tu che pensavi: “l’università… ecc. ”, “…mentre mi sussurra ciò. È un sussurro impercettibile…”) dove una parola ripete la stessa parola scritta subito prima, quasi a formare una catena che sembra una filastrocca.
“Eppure” è una congiunzione e per ovvietà congiunge, unisce e quindi non va messa accapo, a inizio frase, perché è una contraddizione in termini mancando il periodo al quale va attaccata.
La frase: “TU DA SOLA” doveva essere scritta in minuscolo (diversi stili disturbano) e per darle forza e determinatezza (che si evincono dall’uso delle maiuscole) bastava aggiungere il punto esclamativo. Ti immagino mentre la gridi e la sostieni con tutta te stessa, ma la scrittura ha i suoi paletti e, purtroppo, sei tu che ti devi adeguare a lei e non viceversa.
Non che sia un errore, ma è bene evitare di scrivere i numeri in cifre a meno che non siano date e/o elaborati scientifici.
“… testa testarda” è cacofonico, troppe “teste”.
Il titolo è convincente, bene!
Soggetto: 8/10
Claudia è la protagonista del racconto, visto e narrato dal suo cuore.
Indubbiamente si avverte la crescita della giovane, il suo “riscatto” di fronte ai pensieri e agli atteggiamenti negativi delle persone che fino a quel momento l’hanno circondata.
Al lettore, però, non viene spiegato come/quando/dove/perché/cosa rappresentino la “montagna” (che è il fulcro della narrazione), i momenti bui, gli ostacoli e le difficoltà che Claudia ha dovuto superare e vincere.
Il soggetto “usa” il proprio cuore (la parte sentimentale ed emotiva) a vantaggio del proprio cervello (logica e raziocinio) ed è piuttosto curioso: normalmente. imputiamo alla sensibilità del cuore defaillance e mancanze che il cervello non ha. Di certo il sentimento, la passione, l’ispirazione che sentiamo nei nostri cuori vengono considerati splendidi ed emozionanti ma poco attendibili e a volte ingannevoli. È facile che seguendo il cuore, manchi l’apporto logico, la razionalità e che si perda di vista l’obiettività. In questo racconto, invece, è proprio il sentimentale e caldo cuore che vince sul razionale e freddo cervello e che programma, ordina, cadenza, ecc. (rivelandosi esso stesso molto razionale) le attività di Claudia con una ferrea logica che porta la giovane alla vittoria finale.
Il senso del racconto è un po’ contraddittorio ma per questo reale e onesto.
Uso della canzone: 13/15
Sotto l’egida del “You just got to hold on!” (devi solo resistere) si dipana il racconto anche se non viene spiegato a cosa e a chi Claudia debba resistere.
Il concetto di base della canzone è che siamo tutti “obbligati”, “prigionieri”, “isolati” e che solo grazie all’unità, all’aiuto, alla determinazione che gli esseri umani hanno, si vince sui vincoli, gli obblighi e le ristrettezze; che la vita è straordinaria, unica e irripetibile e che dobbiamo salvaguardarla e viverla nella sua interezza ed essere padroni ognuno del proprio destino. Ecco, alla luce di ciò, la storia accenna vagamente e all’aiuto di “esterni” che Claudia ha ricevuto, senza spiegare in cosa consista l’aiuto e al “non aiuto” ricevuto; di certo Claudia cresce, vince la paura e si ritrova donna emancipate e libera; io lettore, invece, resto con la sensazione di non sapere tutto il necessario.
Gradimento personale: 4/5
La storia mi è piaciuta ma non mi ha soddisfatta del tutto: sono molte le domande che mi sono posta sulle motivazioni profonde che portano Claudia a cambiare, perché il tutto è accennato. Leggendo la storia ho assistito a un inno di autogratificazione sulla meta raggiunta ma non la strada percorsa per raggiungerla.
Do ragione a Claudia quando è entusiasta e fiera dei risultati raggiunti; deve esserlo, è giusto, ma è come se mi mancassero dei pezzi per completare il puzzle. Peccato, perché la protagonista mi piace, è cazzuta ed è, fondamentalmente, una giovane positiva e volitiva.
Totale: 38/50
1° classificata “Punto di rottura” di Architetto di sogni
Grammatica e punteggiatura: 8/10
Nel secondo capoverso sembra manca una parola: “avanti/davanti” prima di “a sé”.
Alcune parole non hanno il verbo e per questo non possono essere chiamate “frasi” e non possono stare da sole.
In questa frase: “I fantasmi cercano di trattenerla, afferrandola e trascinandola di nuovo nel buio.” la virgola separa il gerundio dalla frase alla quale è riferito ed è un errore.
Mancano due punti nelle spiegazioni:
“Non si sposta, non si muove, c’è molto da vedere.” dopo “muove” vanno inseriti i due punti perché “c’è molto da vedere” è la spiegazione del perché la protagonista stia ferma (attenzione: “non si sposta, non si muove” è una ripetizione: hanno lo stesso significato);
“Si volta verso la stanza, è vuota, è nera.” doppi punti dopo “stanza” perché spiega come questa sia “vuota” e “nera”;
“Davanti a lei brilla una luce, non può vedere quello che c’è dopo, non lo conosce.” doppi punti dopo “luce”: abbagliata dalla luce non riesce a vedere oltre;
“Guarda dietro di sé, i fantasmi le sorridono rassicuranti.” doppi punti dopo”sé” perché i fantasmi sono quello che vede;
“Sanno che non può scappare, le manca il coraggio, le manca la forza.” anche qui, dopo “scappare” vanno i due punti perché spiegano cosa sanno i fantasmi.
Eh, lo so, potresti dirmi che i due punti non ti sono simpatici e allora ti direi che, purtroppo, se spieghi ci vanno obbligatoriamente a meno che tu non trasformi le frasi, aggiungi congiunzioni, scambi il posto ai termini. Questo lo puoi fare, ma se non fatto al meglio svelerà l’inghippo… e allora, forse, sono meglio i due punti.
In queste frasi (scritte esattamente così): “Non si sposta, non si muove, c’è molto da vedere.
Ma non toccare.”;
“Gli aghi di sicurezza messi lì apposta ad arginare il dolore, si spezzano.
Ma le cicatrici non erano chiuse.” e
“Forse le mancheranno.
Ma vuole cambiare.”
ci sono tre “ma” avversativi messi accapo che non hanno motivo di essere accapo perché perdono la loro efficacia.
Nelle frasi: “Studia”
“Sei debole”
“E’ tempo di crescere”
“Ti amo”
“Non hai mai lottato”
“Addio” manca punteggiatura di chiusura.
Lessico e stile: 9/10
“E’ tempo…” è scritto errato “E’” (una congiunzione con l’apostrofo) non è “È” (verbo) che trovi nei “caratteri speciali”.
“Alza il viso, li guarda, una lacrima la tradisce, ma sta sorridendo.” è una frase importantissima, che significa tutto, ma – per come l’hai scritta – si rivela difficile da coordinare nella mente. Mi spiego: la protagonista ha raggiunto il limite, ha capito e vuole liberarsi ed io che leggo capisco perché stia sorridendo. Se la donna fosse di fronte a me, quel sorriso lo vedrei sicuramente e forse dovrei sforzarmi per “catturare” la lacrima che, una volta scoperta, rivela il tradimento: che fai? ridi e piangi? Ora, è più facile che prima lei sorrida e poi che le scappi una lacrima indiscreta e quindi l’avversativo “ma” è riferito a quello che succede dopo il sorriso (lei già sta sorridendo, altrimenti la lacrima non “tradirebbe”, semmai sarebbe vero il contrario). Per questo la frase sarebbe stata più “giusta” messa più o meno così: “Alza il viso, li guarda; sta sorridendo ma una lacrima la tradisce” dove la consecutio e la logicità degli avvenimenti viene rispettata cronologicamente.
“… riesce a riconoscere” è cacofonico: troppe “sce”.
Le parole scelte sono molto interessanti: bello ed evocativo il descrivere il passare del tempo dando il colore alle foglie e puntualizzarne la scomparsa; ritmata e sincopata la paura che scaturisce di fronte alla varietà di opzioni possibili (tante strade, troppe strade); ossessive le ingerenze degli altri (“Chi vuoi essere?”, “Studia”, “Sei debole”, “Ascoltaci!”, “E’ tempo di crescere”, “Ti amo”, “Non hai mai lottato”, “Addio”) e ancora, lineare, preciso, inappellabile: “Addio” saluta” che non lascia il tempo di fraintendere. Hai cercato parole che descrivessero lo stato d’animo e ci sei riuscita: il lettore è preso da quello che scrivi e combatte con te, si spaventa insieme a te e, finalmente, con te si libera.
Di certo, scrivere con frasi brevi e concise, con gli accapo giusti, ecc. segna molto il racconto, lo incide chiaro e lampante e dà ritmo alle emozioni, anche contrastanti, che si avvertono durante la lettura.
Qui: “BASTA!” non serve scrivere in maiuscolo (il resto è in minuscolo e in corsivo) per dare potenza alla parola; il punto esclamativo basta.
Buono ed esplicativo il titolo.
Soggetto: 10/10
Hai fatto un gran lavoro di introspezione e leggendo le note, mi viene di pensare che il tutto fosse lì, pronto a diventare qualcosa di reale e pubblicato. Mi è sembrato che non aspettassi altra opportunità per tirare fuori tutto. Se così è, sono contenta di averti istigata a liberarti, a rendere reali le emozioni provate.
Presumo sia vita vera quella che hai raccontato e spero che chiunque sia la tua protagonista (lo sai solo tu: potrebbe essere tua mamma, tua sorella, tua figlia, te stessa, un’amica…), sia libera e felice, spaventata, emozionata, terrorizzata, incuriosita, entusiasta e tutti gli aggettivi che ti vengono in mente a dar valore alla libertà e alla scoperta di quanto questa sia fragile, potente, illuminante e indispensabile.
Uso della canzone: 15/15
La canzone è ben sfruttata, soprattutto nella ricerca del proprio Io libero e nella voglia di abbandonare tutto quello che zavorra e non fa crescere ed evolvere.
Dire “no” ai modi dire e di fare, liberarsi della gabbia che costringe, ritrovare il rispetto di sé anche se significa dolore e spavento: la tua storia è tutto questo; e non avrei potuto chiederti di più.
Gradimento personale: 5/5
Questa storia mi è piaciuta molto: ha un misto di dolcezza e violenza, di dolore e gioia. Ho avvertito la necessità impellente di trovare il proprio posto nel mondo, la propria strada e vivere la vita che Lei, nel proprio intimo, ha scelto di voler vivere.
Refrattaria all’aiuto dei fantasmi, Lei li affronta e vince, nonostante la paura a lasciarli andare. Hai ragione, è vero: abbiamo sempre paura ad abbandonare la quotidianità della vita che facciamo, perché potrebbe anche starci scomoda ma è sempre e comunque conosciuta; l’ignoto spaventa (e tanto) ma che viaggio interessante si profila ai nostri occhi!
Brava e grazie: mi hai fatto emozionare.
Totale: 47/50
[Modificato da MontyDeeks 02/04/2018 11:14]
Not yet, maybe tomorrow. |