Nuova Discussione
Rispondi
 

Serbava queste cose, meditandole... (Lc.2,19)

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2024 08:15
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
22/11/2020 10:25
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me»

P. Antoni POU OSB Monje de Montserrat
(Montserrat, Barcelona, Spagna)
Oggi, Gesù ci parla del giudizio finale. Con questa illustrazione metaforica delle pecore e delle capre, ci fa vedere che si tratterà di un giudizio d’amore. «saremo esaminati sull’amore», dice San Giovanni Della Croce.

Come dice un’altro mistico, San Ignazio di Loyola nella sua meditazione “contemplazione per raggiungere l’amore”, bisogna mettere l’amore più nelle opere che nelle parole. Il Vangelo di oggi è abbastanza illustrativo. Ogni opera di carità che facciamo, la facciamo allo stesso Cristo, «(...) perché avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, ero nudo e mi avete vestito, ero malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25, 34-36). «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).

Questo passaggio evangelico, che ci fa toccare con i piedi per terra, mette la festa del giudizio di Cristo Re al suo posto. La realezza di Cristo è una cosa ben distinta dalla prepotenza, è semplicemente la realtà fondamentale dell’esistenza: l’amore avrà l’ultima parola.

Gesù ci mostra che il senso della realezza —o potestà— è il servizio agli altri. Egli affermò di se stesso che era Maestro e Signore, (cf. Gv 13,13), e anche di essere Re (cf. Gv 18,37). Però esercitò come maestro lavando i piedi ai discepoli (cf Gv 13, 4 ss) e regnò dando la sua vita. Gesù Cristo, regna prima da una umile culla e poi, da un trono molto scomodo, ossia, la croce.

Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei» (Gv 19,19): ciò che l’apparenza negava era confermato per la realtà profonda del mistero di Dio, giá che Gesù regna sulla sua croce e ci giudica nel suo amore. «saremo esaminati sull’amore».
OFFLINE
23/11/2020 09:25
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere»

Rev. D. Àngel Eugeni PÉREZ i Sánchez
(Barcelona, Spagna)
Oggi, come quasi sempre, le piccole cose passano inavvertite: elemosine piccole, sacrifici piccoli, piccole preghiere (giaculatorie); ciò che però appare piccolo e senza importanza, molte volte, costituisce la struttura e anche la parte compiuta delle opere d’arte: tanto delle grandi opere d’arte come dell’opera massima della santità personale.

Per il fatto di passare inavvertite queste piccole cose, la loro rettitudine di intenzione è garantita: non cerchiamo con esse il riconoscimento altrui né cerchiamo la gloria umana. Solo Dio le scoprirà nel nostro cuore, come solo Gesù si accorse della generosità della vedova. E’ più che certo che la povera donna non fece annunciare il suo gesto con uno squillo di tromba, ed è anche possibile che si vergognasse e si sentisse ridicola di fronte agli sguardi dei ricchi, che gettavano grandi donativi nella cassetta delle elemosine del tempio pavoneggiandosi. Tuttavia, la sua generosità, che la portò a prendere forza dalla sua debolezza, nella sua indigenza, meritò l’elogio del Signore, che vede il cuore delle persone: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha donato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno dato come donativo parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha donato assolutamente tutto quello che aveva per vivere» (Lc 21,3-4).

La generosità della vedova, povera, è un buon insegnamento per noialtri, discepoli di Cristo. Possiamo dare molte cose, come i ricchi «che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio» (Lc 21,1), ma nulla di tutto ciò avrà valore se soltanto diamo “di quello che ci avanza”, senza amore e senza spirito di generosità, senza offrire noi stessi. Dice sant’Agostino: “ Essi osservavano le grandi offerte dei ricchi per le quali li lodavano. Anche se poi videro la vedova, quanti furono quelli che notarono quelle due monete?...Lei donò tutto ciò che possedeva. Aveva molto, perché aveva Dio nel suo cuore. È molto di più avere Dio nell’anima che oro nella cassaforte». E’ assolutamente certo che se siamo generosi con Dio, Lui lo sarà ancora di più con noi.
OFFLINE
24/11/2020 09:09
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Non sarà lasciata pietra su pietra»

+ Rev. D. Antoni ORIOL i Tataret
(Vic, Barcelona, Spagna)
Oggi, ascoltiamo meravigliati il severo avvertimento del Signore: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta» (Lc 21,6). Queste parole di Gesù si situano alle antipodi di una così chiamata “cultura del progresso indefinito dell’umanità” o, se si preferisce, di alcun leader tecnoscentifico e politicomilitare della specie umana, in inarrestabile evoluzione.

¿Da dove? ¿Fino a dove? Questo non lo sa nessuno e non lo può sapere, ad eccezzione, in ultimo termine, di una supposta materia eterna che nega Dio usurpando le sue qualità. Come cercano di beffarci coloro che rifiutano di accettare la precarietà e la limitazione che sono proprie della condizione umana!

Noi, discepoli del Figlio di Dio fatto uomo, di Gesù, ascoltiamo le sue parole e, assumendole le meditiamo. Ed ecco cosa ci dice: «Badate di non lasciarvi ingannare» (Lc 21,8). Ce lo dice Quello che è venuto a dar testimonio della verità, affermando che quelli che sono della verità ascoltano la sua voce.

E anche qui ci afferma: «Ma non è subito la fine» (Lc 21,9). Questo vuol dire, da una parte, che disponiamo di un tempo per la salvezza e che ci conviene approfittarlo; e, dall’ altra, che, in qualsiasi caso, verrà la fine. Sì, Gesù, «verrà a giudicare i vivi e i morti», così come lo professiamo nel Credo.

Lettori di Contemplare il Vangelo di oggi, cari fratelli e amici: alcuni versicoli più avanti del frammento che ora commento, Gesù ci stimola e consola con queste parole che, in suo nome, vi ripeto: «Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita» (Lc 21,19).

Noi, dando una cordiale risonanza, con l’energia di un’inno cristiano della Catalogna, ci esortiamo l’un l’altro: «Perseveriamo, che con la mano tocchiamo già la cima!».
OFFLINE
29/11/2020 09:34
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«A tutti dico: vegliate!»

Mons. Josep Àngel SAIZ i Meneses Vescovo di Terrassa
(Barcelona, Spagna)
Oggi iniziamo con tutta la Chiesa un nuovo Anno liturgico con la prima domenica di Avvento. Un tempo di speranza, un tempo in cui il ricordo della prima venuta del Signore si rinnova nei nostri cuori, nell'umiltà e nell'occultamento, e si rinnova il desiderio del ritorno di Cristo in gloria e maestà.

Questa domenica di Avvento è profondamente segnata da una chiamata alla vigilanza. San Marco include fino a tre volte nelle parole di Gesù il comando di “vegliare”. E la terza volta lo fa con una certa solennità: «Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!» (Mc 13,37). Non è solo una raccomandazione ascetica, ma una chiamata a vivere come figli della luce e del giorno.

Questa chiamata è rivolta non solo ai suoi discepoli, ma a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, come un'esortazione che ci ricorda che la vita non ha solo una dimensione terrena, ma è proiettata verso un “oltre”. L'essere umano, creato ad immagine e somiglianza di Dio, dotato di libertà e responsabilità, capace di amare, dovrà rendere conto della sua vita, di come ha sviluppato le capacità e i talenti che ha ricevuto da Dio; se li ha conservati egoisticamente, o se li ha fatti fruttificare per la gloria di Dio e al servizio dei suoi fratelli.

La disposizione fondamentale che dobbiamo vivere e la virtù che dobbiamo esercitare è la speranza. L'Avvento è, per eccellenza, il tempo della speranza, e l'intera Chiesa è chiamata a vivere nella speranza e a diventare segno di speranza per il mondo. Ci prepariamo a commemorare il Natale, l'inizio della sua venuta: l'Incarnazione, la Natività, il suo passaggio per la terra. Ma Gesù non ci ha mai lasciato; rimane con noi in vari modi fino alla fine dei tempi. Per questo «con Gesù Cristo la gioia nasce e rinasce sempre!» (Papa Francisco).
OFFLINE
30/11/2020 09:36
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Vi farò pescatori di uomini»

Prof. Dr. Mons. Lluís CLAVELL
(Roma, Italia)
Oggi è la festa di Sant’Andrea apostolo, festa che viene celebrata solennemente dai cristiani della Chiesa di Oriente. Fu uno dei primi due giovani che conobbero Gesù sulla riva del Giordano e ad avere una lunga conversazione con Lui. Subito andò a cercare il fratello Pietro dicendogli: «Abbiamo trovato il Messia», e lo portò da Gesù (Gv 2,41). Poco tempo dopo, Gesù chiamò questi due fratelli pescatori e suoi amici, proprio come lo leggiamo nel Vangelo di oggi: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini» (Mt 4,19). Nello stesso villaggio c’erano altri due fratelli, Giacomo e Giovanni, compagni e amici dei primi due, e pescatori come loro. Gesù chiamò anche loro a seguirlo. È meraviglioso leggere come loro lo lasciarono tutto e lo seguirono “subito”, parola ripetuta nei due casi. Non si può dire a Gesù: “dopo”, “più avanti”, o ancora “adesso ho troppo lavoro”…

Anche a ognuno di noi –a tutti i cristiani– Gesù ci chiede ogni giorno di metterci al suo servizio con tutto ciò che siamo e abbiamo.; questo significa abbandonare tutto, non tenere nulla per noi, affinché, vivendo con Lui i nostri obblighi professionali, e famigliari, possiamo diventare “pescatori di uomini”. Ma cosa significa esattamente “pescatori di uomini”? Una buona risposta la può dare un commento di San Giovanni Crisostomo. Questo Padre e Dottore della Chiesa dice che Andrea non sapeva spiegare bene a suo fratello Pietro chi fosse Gesù, e per questo motivo «lo portò alla fonte della luce stessa» che è Gesù Cristo. “Pescare uomini” significa aiutare coloro che ci circondano, nella famiglia o nel lavoro, affinché si incontrino con Cristo, unica fonte di luce nel nostro cammino.
OFFLINE
01/12/2020 08:39
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Io ti rendo lode, Padre»

Abbé Jean GOTTIGNY
(Bruxelles, Belgio)
Oggi leggiamo un brano del decimo capitolo del Vangelo secondo San Luca. Il Signore invia settantadue discepoli ai luoghi dove anche Lui doveva andare. Essi ritornano esultanti. Sentendoli raccontare del loro operato e delle loro gesta «Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: “Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra”» (Lc 10,21).

La gratitudine è uno degli aspetti dell’umiltà. L’arrogante considera che non deve niente a nessuno. Ma, per essere grati, è necessario essere capaci di riconoscere, in primo luogo, la propria piccolezza. “Grazie” è una delle prime parole che insegniamo ai bambini. «Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli» (Lc 10,21).

Benedetto XVI, parlando dell’atteggiamento dell’adorazione, afferma che questo presuppone un «riconoscimento della presenza di Dio, Creatore e Signore dell’universo. È un riconoscimento pieno di gratitudine che emerge dal profondo del cuore e avvolge tutto l’essere, perché l’uomo può realizzarsi solamente adorando e amando Dio sopra ogni cosa».

Un’anima sensibile esperimenta la necessità di manifestare il suo riconoscimento. È la sola cosa che come uomini possiamo fare per corrispondere ai favori divini. «Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?» (1Cor 4,7). Naturalmente abbiamo bisogno di «ringraziare a Dio Padre, attraverso il Figlio, nello Spirito Santo; con la grande misericordia con la quale ci ha amati, ha avuto pietà di noi, e quando eravamo morti per i nostri peccati, ci ha fatto rivivere con Cristo, perché fossimo in Lui una nuova creazione» (San Leone Magno).
OFFLINE
02/12/2020 08:13
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«‘Quanti pani avete?’. Risposero: ‘Sette, e pochi pesciolini’»

Rev. D. Joan COSTA i Bou
(Barcelona, Spagna)
Oggi contempliamo nel Vangelo la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Molta gente —commenta l’evangelista Matteo— «si radunò» (Mt 15,30) al Signore. Uomini e donne che hanno bisogno di Cristo, ciechi, zoppi e malati di ogni genere, così come altri che lo accompagnano. Anche tutti noi abbiamo bisogno di Cristo, della sua tenerezza, del suo perdono, della sua luce, della sua misericordia,… In Lui si trova la pienezza umana.

Il Vangelo di oggi ci fa renderci conto allo stesso tempo della necessità di uomini che portino altri uomini verso Gesù Cristo. Coloro che conducono i malati da Gesù affinché li guarisca, sono immagine di tutti coloro che sanno che l’atto di carità più grande con il prossimo è avvicinarlo a Cristo, fonte di Vita. La vita di fede esige, quindi, la santità e l’apostolato.

San Paolo ci esorta ad avere gli stessi sentimenti di Gesù Cristo (cfr. Fl 2,5). Il Vangelo ci mostra com’è fatto il cuore: «Sento compassione di questa folla» (Mt 15,32). Gesù non può abbandonare così le persone: stanche ed affamate. Cristo cerca l’uomo nella necessità ma finge di incontrarlo per caso. Quanto è buono il Signore con noi! E come sono importante le persone ai suoi occhi! Solo col pensarlo, il cuore umano si dilata pieno di gratitudine, di ammirazione e di un sincero desiderio di conversione.

Questo Dio fatto uomo, che tutto può e che ci ama appassionatamente, e di cui abbiamo bisogno in tutto e per tutto —«senza di me non potete nulla» (Gv 15,5)— ha paradossalmente bisogno di noi: questo è il significato dei sette pani e dei pochi pesci che userà per sfamare a una moltitudine di persone. Se ci rendessimo conto di come Gesù ha bisogno di noi, e del valore che ha per Lui tutto ciò che facciamo, per poco che sia, ci sforzeremo di corrispondergli con tutto il nostro essere ogni giorno di più.
OFFLINE
04/12/2020 08:52
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Gesù disse loro: Credete che io possa fare questo?. Gli risposero: Sì, o Signore!»

Fray Josep Mª MASSANA i Mola OFM
(Barcelona, Spagna)
Oggi, in questo primo venerdì dell’Avvento, il Vangelo ci propone tre personaggi: Gesù, al centro della scena, e due ciechi che Gli si avvicinano pieni di fede e con il cuore pieno di speranza. Avevano sentito parlare di Lui, della sua tenerezza verso gli ammalati e del suo potere. Questa traccia lo identifica come il Messia. Chi meglio di Lui potrà farsi responsabile della loro disgrazia?

I due ciechi fianco a fianco tutti e due si dirigono verso Gesù. Insieme realizzano una `preghiera di supplica´ all’Inviato di Dio, al Messia, a Chi chiamano con il titolo di “Figlio di Davide”. Vogliono suscitare con la loro preghiera la compassione di Gesù: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!» (Mt 9,27).

Gesù interpella la loro fede: «Credete che io possa fare questo?» (Mt 9,28). Se essi si sono avvicinati all’Inviato di Dio, è precisamente perché credono in Lui. All’unisono fanno una bella `professione di fede´ al rispondere: «Sì, Signore» (ibidem). E Gesù concede la vista a quelli che vedevano già attraverso la fede. In realtà, credere è vedere con gli occhi del nostro intimo.

Questo tempo di Avvento è l’adeguato anche per noi, per cercare Gesù con un desiderio grande, come quello dei due ciechi, facendo parte di una comunità, facendo parte della Chiesa. Con la Chiesa, proclamiamo nello Spirito Santo: «Vieni,Signore Gesù» (cf Ap 22,17-20). Gesù viene, con il suo potere ad aprire completamente gli occhi del nostro cuore e far sì che possiamo vedere e credere. L’Avvento è un tempo forte di preghiera: tempo per fare preghiera di supplica e soprattutto preghiera di professione di fede. Tempo, quindi, per vedere e per credere.

Ricordiamo le parole del `piccolo principe´: «L’essenziale solo si vede con il cuore».
OFFLINE
05/12/2020 09:51
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Pregate (...) il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!»

Rev. D. Xavier PAGÉS i Castañer
(Barcelona, Spagna)
Oggi, quando è trascorsa già una settimana, nell’itinerario di preparazione alla celebrazione del Natale, abbiamo già constatato che una delle virtù in cui dobbiamo esercitarci nell’Avvento è la speranza. Ma non in un modo passivo, come chi stà ad aspettare il passaggio del treno, ma una speranza attiva che ci spinge a prepararci, mettendo, da parte nostra, tutto ciò che sia necessario affinché Gesù possa nascere di nuovo nei nostri cuori.

Dobbiamo, però, cercare di non limitarci solo a quello che noi aspettiamo ma soprattutto a trattare di scoprire che cos’è quello che Iddio aspetta da noi. Come i dodici, anche noi siamo chiamati a seguire le loro strade. Voglia il Cielo che oggi ascoltiamo la voce del Signore che -per mezzo del profeta Isaia- ci dice: «Questa è la strada, percorretela» (Is 30,21, della prima lettura di oggi). Seguendo ognuno il proprio cammino, Dio aspetta da tutti che con la nostra vita annunciamo «che il Regno dei cieli è vicino» (Mt 10,7).

Il Vangelo di oggi ci narra come, di fronte a quella moltitudine di gente, Gesù ebbe compassione e disse loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!» (Mt 9,37-38). Lui ha voluto aver fiducia in noi e vuole che, nelle più diverse circostanze, rispondiamo alla vocazione di convertirci in apostoli del nostro mondo. La missione per la quale Dio Padre ha inviato suo Figlio al mondo richiede da noi essere i suoi seguaci. Ai giorni nostri troviamo anche una moltitudine disorientata e priva di speranza, che ha sete della Buona Novella della Salvezza che Cristo ci ha portato e della quale noi siamo i messaggeri. E’ una missione affidata a tutti. Coscienti delle nostre debolezze e handicaps, appoggiamoci sulla preghiera costante e siamo contenti di diventare così collaboratori del piano redentore che Cristo ci ha rivelato.
OFFLINE
06/12/2020 10:20
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione»

Fr. Faust BAILO
(Toronto, Canada)
Oggi, quando si apre il sipario del dramma divino, possiamo già ascoltare la voce di chi proclama: «Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri» (Mc 1,3). Oggi ci troviamo di fronte a Giovanni il Battista mentre prepara lo scenario per l’arrivo di Gesù.

Alcuni credevano che Giovanni fosse il vero Messia. Parlava, infatti, come gli antichi profeti, dicendo che l’uomo deve abbandonare il peccato per evitarne il castigo e tornare a Dio per trovare la sua misericordia. Questo, però, è un messaggio per tutti i tempi e per tutti i luoghi, e questo, Giovanni lo proclama con urgenza. Così accadde che una massa imponente di gente, da Gerusalemme e da tutta la Giudea, inondò il deserto di Giovanni per ascoltare la sua predicazione.

Come mai Giovanni attraeva tanti uomini e donne? Certamente denunciava Erode e gli altri capi religiosi, un atto coraggioso che affascinava la gente del popolo. Ma, allo stesso tempo, non risparmiava parole aspre per tutti loro, perché anch’essi erano peccatori e dovevano pentirsi. E così, confessando i loro peccati, li battezzava nel fiume Giordano. Perciò, Giovanni Battista li ammaliava, perché capivano il messaggio dell’autentico pentimento che gli voleva trasmettere. Un pentimento che era qualcosa di più di una confessione del peccato –in sé stessa-, un grande passo avanti e, realmente, molto bello! Ma, anche un pentimento fondato sulla convinzione che solamente Dio può contemporaneamente perdonare e cancellare, annullare il debito e distruggere i residui dal mio spirito, raddrizzare i miei cammini morali, così disonesti.

«Non sprecate questo tempo di misericordia offerto da Dio», dice San Gregorio Magno. Non sciupiamo questo momento idoneo per impregnarci di quest’amore purificatore che ci viene offerto; possiamo dirci allora che il tempo d’Avvento comincia a schiudersi dinanzi a noi.

Siamo preparati, durante quest’Avvento, per raddrizzare i cammini verso il Signore? Posso utilizzare questo tempo come un’occasione per una confessione più autentica, più penetrante nella mia vita? Giovanni chiedeva sincerità –sincerità con sé stessi- al tempo stesso che un abbandono nella Misericordia Divina. Così facendo, aiutava il popolo a vivere per Dio, a capire che vivere è questione di lottare per aprire i cammini della virtù e lasciare che la grazia di Dio vivificasse il suo spirito, con la sua gioia.
OFFLINE
07/12/2020 08:59
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati»

Rev. D. Joan Carles MONTSERRAT i Pulido
(Cerdanyola del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi, il Signore insegna e cura allo stesso tempo. Oggi vediamo il Signore che insegnava a quelli che si consideravano molto eruditi in quei tempi: i farisei e i dotti in legge. A volte, noi possiamo pensare che dovuto al secolo in cui viviamo o per gli studi che abbiamo fatto, ci resta poco da imparare. Questa logica, non soprannaturale, ci porta frequentemente a voler fare in modo che i cammini di Dio siano i nostri cammini e non viceversa.

Nell'atteggiamento di quelli che vogliono che il loro amico sia curato, vediamo gli sforzi umani per ottenere quello che veramente desiderano. Ciò che desideravano era veramente molto buono: che l’ammalato, cioè, potesse camminare. Ma questo non è sufficiente. Nostro Signore vuole realizzare per noi una guarigione completa. Quindi comincia con quello che Lui è venuto a realizzare in questo mondo, quello che il suo santo nome significa: Salvare l’uomo dai suoi peccati.

-La fonte più profonda dei miei mali sono sempre i miei peccati-: «Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati» (Lc 5,20). Molto spesso, la nostra preghiera o il nostro interesse ha semplicemente un fine materiale, ma il Signore sa quello che ci conviene di più. Come in quei tempi, gli ambulatori dei medici sono pieni di ammalati. Ma, come quegli uomini, rischiamo di non andare troppo diligentemente dove realmente possiamo ristabilirci completamente, come invece succede nell’incontro con il Signore nel sacramento della Penitenza.

Punto fondamentale per il credente è sempre l’incontro sincero con Gesù Cristo misericordioso. Lui, ricco in misericordia, ci ricorda, specialmente oggi, che in quest’Avvento non possiamo trascurare il necessario Suo perdono che ci vien dato a piene mani. E, se è necessario, togliamo gli ostacoli –il tetto- che ci impedisce di vederLo. Anch'io ho bisogno di mettere da parte le tegole dei miei pregiudizi, delle mie comodità, dei miei impegni, delle diffidenze che sono un ostacolo per “guardare dai tetti in su”.
OFFLINE
08/12/2020 09:02
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Entrando da lei, disse: Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te»

Rev. D. David COMPTE i Verdaguer
(Manlleu, Barcelona, Spagna)
Oggi, il Vangelo accenna un accordo musicale, composto da tre note. Tre note non sempre ben intonate della nostra società: quella del fare, quella dell’amicizia e quella della coerenza di vita. Ai nostri giorni facciamo molte cose, ma, abbiamo un progetto? Oggi che navighiamo nella società delle comunicazioni, trova spazio nei nostri cuori la solitudine? Oggi, nell’era dell’informazione, ci permette questa di forgiare la nostra personalità?

‘Un progetto’. Maria, una donna «promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe» (Lc 1,27). Maria ha un progetto, evidentemente di proporzioni umane. Tuttavia, Dio irrompe nella sua vita per presentarle un altro progetto... di proporzioni divine. Anche oggi, vuole entrare nella nostra vita e dare proporzioni divine alle nostre faccende umane.

`Una presenza´. «Non temere, Maria». (Lc 1,30). Cerchiamo di non costruire in qualsiasi modo! Che non succeda che la dipendenza al “fare” nasconda un vuoto. Il matrimonio, la vita di servizio, la professione non devono essere una scappatoia d’ora in avanti. «Piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1,28). Presenza che accompagna e da senso. Fiducia in Dio, che, -di rimbalzo- ci porta ad aver fiducia negli altri. Amicizia con Dio che rinnova l’amicizia verso gli altri.

`Fermarci´. Ai nostri giorni che riceviamo tanti stimoli, frequentemente contrapposti, è necessario dare forma ed unità alla nostra vita. Maria, dice san Luigi Maria Grignion, «è lo stampo vivo di Dio». Ci sono due modi di fare una scultura, dice Grignion; una più ardua, a colpi di scalpello. L’altra, utilizzando uno stampo. Questa seconda forma è più semplice. L’esito, però consiste in che la materia sia malleabile e che lo stampo riproduca perfettamente l’immagine. Maria è lo stampo perfetto. Ricorriamo a Lei, cercando di essere noi materia malleabile.
OFFLINE
09/12/2020 08:50
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero»

P. Jacques PHILIPPE
(Cordes sur Ciel, Francia)
Oggi, Gesù ci conduce verso il riposo in Dio. Lui è certamente un Padre esigente, perché ci ama e ci invita a dargli tutto, pero non è un giustiziere. Quando ci esige qualcosa è per farci crescere nel suo amore. L’unico comandamento è quello di amare. Si può soffrire per amore, però si può anche gioire e riposare per amore...

La docilità verso Dio libera e dilata il cuore. Per questo Gesù, ci invita a rinunciare a noi stessi per prendere la nostra croce e seguirlo, dicendoci: «Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». (Mt 11,30). Anche se in occasioni ci costa ubbidire alla volontà di Dio, farlo con amore ci rende pieni di felicità: «Dirigimi sul sentiero dei tuoi precetti; sì sta in esso il mio diletto» (Sal 119,35).

Mi piacerebbe raccontare un fatto. A volte, dopo una giornata abbastanza faticosa, vado a dormire e percepisco una strana sensazione interna che mi dice: - Non entreresti un momento nella cappella per farmi compagnia? Dopo alcuni istanti di confusione e resistenza, finisco per acconsentire e passare un momento con Gesù. Dopo ritorno a dormire in pace e contento, e al giorno dopo non mi alzo più stanco del solito.

Nonostante tutto, a volte mi succede il contrario. Di fronte a un problema grave che mi preoccupa mi dico: Questa sera pregherò un’ora nella cappella per far si che si risolva. Dirigendomi alla cappella, una voce nel fondo del cuore mi dice: - Sai?, mi compiacerebbe di più se andassi a letto subito e riponessi in me la tua fiducia; io mi prendo cura del tuo problema. E ricordando la mia felice condizione di “servo inutile”, me ne vado a dormire in pace, lasciando tutto nelle mani del Signore...

Tutto questo è per dirci che la volontà Divina esiste dove c’è grande amore, ma non obbligatoriamente dove c’è grande soffrimento... C’è più amore nel riposare grazie alla fiducia, che non preoccupandosi per l'inquietudine!
OFFLINE
10/12/2020 09:44
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono»

Rev. D. Ignasi FABREGAT i Torrents
(Terrassa, Barcelona, Spagna)
Oggi, il Vangelo ci parla di Giovanni il Battista, il precursore del Messia, colui che è venuto a preparare il cammino del Signore. Accompagnerà anche noi da oggi fino al giorno sedici, giorno in cui finisce la prima parte dell’Avvento.

Giovanni è un uomo deciso, che sa quanto costino le cose, è consapevole che bisogna lottare per migliorare e per essere santo, per questo Gesù esclama: «Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono» (Mt 11,12). I “violenti” sono quelli che esercitano violenza su se stessi: -mi sforzo per credermi che il Signore mi ama? Mi sacrifico per essere “piccolo”? Mi sforzo per essere cosciente e vivere come figlio del Padre?

Santa Teresa di Lisieux si riferisce a queste parole di Gesù dicendo qualcosa che ci può aiutare nella nostra conversazione personale ed intima con Gesù: «Sei tu o povertà! Il mio primo sacrificio, ti accompagnerò fino a morire. So che l’atleta, una volta nello stadio, abbandona tutto per correre. Assaporate voi mondani, la vostra angoscia, la vostra pena e i frutti amari della vostra vanità; io, felice, otterrò dalla povertà le palme del trionfo!». -Ed io perché mi lamento subito, quando scopro che mi manca qualcosa che considero necessaria? Magari potessi vedere tutti gli aspetti della mia vita come questa Dottoressa della Chiesa!

Enigmaticamente, Gesù anche oggi ci dice che: «Giovanni è Elia (...) Chi ha orecchi, ascolti!» (Mt 11,14-15). Cosa vuol dire? Vuole chiarirci che Giovanni era veramente il suo predecessore, colui che portò a termine la stessa missione di Elia, d’accordo con la tradizione che esisteva all’epoca, che il profeta Elia doveva ritornare prima del Messia.
OFFLINE
11/12/2020 08:14
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«A chi paragonerò io questa generazione?»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi, dovremmo turbarci davanti al sospiro del Signore: «a chi paragonerò io questa generazione?» (Mt 11,16). A Gesù lo stupisce il nostro cuore, troppe volte anticonformista ed ingrato. Non siamo mai contenti: ci lagniamo sempre. Abbiamo addiritttura il coraggio di accusarlo e di scaricare su di Lui la colpa di ciò che ci scomoda.

Ma «la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie» (Mt 11,19). Basta contemplare il mistero del Natale. E, in quanto a noi? Com’è la nostra fede? Cerchiamo forse di nascondere con queste lamentele l’assenza della nostra risposta? Certamente una buona domanda per questo tempo d’Avvento!

Dio viene all’incontro dell’uomo, ma l’uomo –particolarmente l’uomo contemporaneo- rifugge da Lui. Altri hanno paura di Lui, quali Erodi. Ad altri, risulta perfino molesta la Sua sola presenza: «Via! Via! Crocifiggilo!» (Gv 19,15). Gesù «è il Dio che viene» (Benedetto XVI) e noi, invece, sembriamo “l’uomo che se ne va”: «Venne fra i suoi, e i suoi non l’hanno accolto» (Gv 1,11).

Perché fuggiamo? Per la nostra mancanza di umiltà. San Giovanni Battista ci raccomandava di “rimpicciolirci”. E la chiesa ce lo ricorda ogni volta che arriva l’Avvento. Facciamoci, dunque, piccoli per poter capire ed accogliere il “Piccolo-Dio”. Lui ci si presenta nell’umiltà delle fasce: mai prima si era predicato un “Dio-con-le-fasce”! Che ridicola immagine presentiamo agli occhi di Dio quando gli uomini pretendiamo occultarci dietro scuse e false giustificazioni. Fin dagli albori dell’umanità, Adamo gettò la colpa su di Eva; Eva sul serpente e... con il passar dei secoli, continuiamo a fare lo stesso.

Arriva però Gesù-Dio: nel freddo e nella povertà estrema di Betlem non gridò e nulla ci rimproverò. Al contrario: comincia già a caricare sulle sue piccole spalle tutte le nostre colpe. Allora, dobbiamo avere paura di Lui? Davvero avranno valore le nostre scuse di fronte a questo “Piccolo-Dio”? «Il segno di Dio è il Bambino; impariamo a vivere con Lui ed anche a praticare con Lui l’umiltà» (Benedetto XVI).
OFFLINE
12/12/2020 08:15
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto»

Rev. D. Xavier SOBREVÍA i Vidal
(Castelldefels, Spagna)
Oggi, Gesù dialoga con i discepoli, scendendo dalla montagna dove hanno vissuto la Trasfigurazione. Il Signore non ha accolto la proposta di Pietro di restare e scende rispondendo alle domande dei discepoli. Questi, che hanno appena partecipato brevemente della gloria di Dio, restano sorpresi e non capiscono che il Messia sia già arrivato, senza che prima sia venuto il profeta Elia a preparare tutto.

Il fatto è che la preparazione è già stata realizzata. «Ma io vi dico: Elia è già venuto» (Mt 17,12): Giovanni Battista ha preparato il cammino. Ma gli uomini del mondo non riconoscono gli uomini di Dio, ne i profeti del mondo riconoscono i profeti di Dio, né i prepotenti della Terra riconoscono la divinità di Gesù Cristo.

E’ necessario uno nuovo sguardo ed un cuore nuovo per riconoscere i cammini di Dio e per rispondere con generosità ed allegria alla chiamata esigente dei suoi inviati. Non tutti sono disposti a capirlo ed, ancor meno, a viverlo. Peggio ancora, le nostre vite ed i nostri progetti possono contrapporsi alla volontà del Signore. Un’opposizione che può trasformarsi, addirittura, in lotta e rifiuto del nostro Padre del Cielo.

Abbiamo bisogno di scoprire l’intenso amore che guida i disegni di Dio verso di noi e, se siamo conseguenti con la fede e la morale che Gesù ci svela, non ci devono sorprendere le ostilità, le diffamazioni e le persecuzioni. Giacché, pur trovandoci sulla buona strada, non possiamo evitare le difficoltà della vita e Lui, nonostante la sofferenza, ci incoraggia a continuare.

Alla Madre di Gesù, Regina degli Apostoli, chiediamo che interceda perché a nessuno manchino amici, che, come i profeti, annunzino loro la Buona Nuova della salvazione che la nascita di Gesù Cristo ci porta. Abbiamo la missione, tu ed io, che questo Natale sia vissuto più cristianamente da parte di tutti quelli che incontreremo nel nostro cammino.
OFFLINE
16/12/2020 07:32
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati...»

Rev. D. Bernat GIMENO i Capín
(Barcelona, Spagna)
Oggi, quando notiamo che nella nostra vita non sappiam cosa ci attende, quando perdiamo l’illusione perché non abbiamo il coraggio di guardare oltre i nostri limiti, quando siamo felici per essere fedeli a Gesù Cristo e, allo stesso tempo, ansiosi o lànguidi per non assaporare i frutti della nostra missione apostolica, il Signore vuole che ci chiediamo come Giovanni Battista: «Dobbiamo aspettare un altro» (Lc 7,20).

È chiaro, il Signore è “furbo” e vuole approfittare questa nostra incertezza –perfettamente normale- in modo da farci esaminare tutta la nostra vita, per farci vedere le nostre deficienze, i nostri sforzi, le nostre malattie... e, così, riaffermarci nella nostra fede e moltiplicare “infinitamente” la nostra speranza.

Il Signore non ha limiti quando si tratta di compiere la Sua missione: «i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati...» (Lc 7,22). Dove ho risposto la mia speranza? Dove ho riposto la mia felicità? Poiché la speranza è strettamente legata con la felicità interiore, il cristiano, ovviamente, deve vivere come una persona qualsiasi, ma sempre con lo sguardo fisso su Cristo, che non ci abbandona mai. Un cristiano non può vivere la sua vita al margine di Cristo e del Suo Vangelo. Centriamo quindi il nostro sguardo in Lui, che tutto può, e non poniamo limiti alla nostra speranza. «In Lui troverai molto più di quel che puoi osare o chiedere» (San Giovanni della Croce).

La liturgia non è un “gioco sacro”, e la Chiesa ci propone questo tempo di Avvento perché vuole che ogni fedele riaffermi in Cristo la virtù della speranza nella propria vita. Spesso la perdiamo perché ci fidiamo troppo delle nostre proprie forze e non vogliamo riconoscerci “malati”, bisognosi della mano sanatrice del Signore. Ma così deve essere, e Poiché Lui ci conosce e sa che siamo fatti tutti della stessa “pasta”, ci offre la Sua mano salvatrice. -Grazie, Signore, per avermi fatto uscire dal fango ed avermi riempito il cuore di speranza.
OFFLINE
17/12/2020 09:04
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo»

Rev. D. Vicenç GUINOT i Gómez
(Sant Feliu de Llobregat, Spagna)
Oggi, nella Liturgia della messa leggiamo la genealogia di Gesù e ci fa pensare alla frase che si ripete negli ambienti rurali catalani «Traduzione letterale: Di Giuseppe, asini e Giovanni ce ne sono in tutte le case». Per questo, per distinguerli, si usano come riferimento i nomi delle case. Così si dice ad esempio: Giuseppe, quello della casa di Filomena; Giuseppe, quello della casa di Soledad... In questo modo una persona rimane facilmente identificata. Il problema è che uno resta segnato per la buona o mala fama dei suoi antenati. Questo è ciò che succede con il «Libro della Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo».

San Matteo ci sta dicendo che Gesù é un uomo vero. Detto in altro modo, che Gesù—come ogni uomo e come ogni donna che arriva a questo mondo— non parte dal nulla, ma porta con sé una lunga storia. Questo vuol dire che l’Incarnazione, va presa sul serio, che quando Dio si fa uomo, lo fa con tutte le conseguenze. Egli figlio di Dio, al venire a questo mondo, assume anche un passato famigliare.

Seguendo le tracce dei personaggi dell’elenco, possiamo apprezzare come Gesù— per quanto riguarda la sua genealogia famigliare— non presenta un “espediente immacolato’’. Come scrisse il Cardinale Mauyen Van Thuan, «In questo mondo se un popolo scrive una storia ufficiale, parlerà della sua grandezza... é un caso unico, ammirabile e splendido trovare un popolo in cui la storia ufficiale non nasconde i peccati dei suoi antenati». Appaiono peccati come il suicidio (Davide), la idolatria (Salomone), o la prostituzione (Rahab). E insieme a quello ci sono momenti di grazia e fedeltà a Dio, però soprattutto le figure di Giuseppe e Maria, «dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo».

Definitivamente, la genealogia di Gesù ci aiuta a contemplare il mistero che siamo prossimi a celebrare: che Dio si fece Uomo, vero Uomo, che «venne ad abitare in mezzo a noi» (Gn 1,14).
OFFLINE
18/12/2020 08:42
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi, la liturgia della parola ci invita a considerare il meraviglioso esempio di San Giuseppe. Lui fu straordinariamente sacrificato e delicato con la sua promessa Sposa Maria.

Non c’è dubbio che entrambi fossero persone eccellenti, innamorati fra di loro come nessun’altra coppia. Però, allo stesso tempo, c’è da riconoscere che l’Altissimo volle che il loro amore passasse per circostanze molto esigenti.

Il Papa san Giovanni Paolo II ha scritto che «Il cristianesimo è la sorpresa di Dio che si è messo al lato della sua creatura». Di fatto, è stato Lui a prendere “l’Iniziativa”: per venire a questo mondo, non ha aspettato che facessimo meriti. Malgrado tutto, Egli propone la sua iniziativa, non impone: quasi —diremmo— ci chiede permesso”. A Santa Maria le è stato proposto —Non le è stato imposto!— la vocazione di Madre di Dio: «Egli che aveva: Il potere di crearlo tutto partendo dal nulla, si è negato a rifare ciò che era stato profanato se non interveniva Maria» (San Anselmo).

Però Dio non soltanto ci chiede permesso, ma anche la nostra contribuzione ai suoi piani e una contribuzione eroica. E così fu nel caso di Maria e Giuseppe. In concreto, il Bambino Gesù aveva bisogno di avere dei genitori. Ancor di più: aveva bisogno dell’eroismo dei genitori che dovettero sforzarsi molto per difendere la vita del “piccolo Redentore”.

Ciò che è molto bello è che Maria svelò pochissimi dettagli della nascita: un fatto così emblematico è stato raccontato con solo due versi (cf. Lc 2,6-7). In cambio fu più esplicita al parlare della delicatezza che suo Sposo Giuseppe ebbe con Lei. Il fatto che «prima di cominciare a vivere insieme, si ritrovò incinta per opera dello Spirito Santo». Giuseppe suo Sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto (Mt 1,19). Così, prima che fosse stata promulgata la legge della carità, San Giuseppe l’aveva già messa in pratica. Maria (e il tratto giusto verso di Lei), fu la sua legge).
OFFLINE
19/12/2020 09:46
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«L’angelo gli disse: Non temere, Zaccarìa, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni»

Rev. D. Ignasi FUSTER i Camp
(La Llagosta, Barcelona, Spagna)
Oggi, l'Arcangelo Gabriele annuncia al sacerdote Zaccaria la nascita “soprannaturale” di Giovanni Battista, che preparerà la missione del Messia. Dio, nella sua amorosa provvidenza, prepara la nascita di Gesù con la nascita di Giovanni Battista. Non importa che Elisabetta sia sterile. Dio vuol fare il miracolo per amore a noi, sue creature.

Però Zaccaria non manifesta nel momento opportuno la visione soprannaturale della fede: «Come potrò mai conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni» (Lc 1,18). Ha un concetto delle cose eccessivamente umano. Gli manca la docilità fiduciosa per credere nei progetti di Dio, che sono sempre più grandi dei nostri: in questo caso, si parla nientemeno che dell’Incarnazione del Figlio di Dio per la salvezza del genere umano! L’angelo trova Zaccaria “distratto”, lento per le cose di Dio, come se stesse fuorigioco”.

Mancano solo pochi giorni a Natale e conviene che l’Angelo del Signore ci trovi preparati, come Maria. Dobbiamo cercare di mantenere la presenza di Dio durante la giornata, di intensificare il nostro amore a Cristo nei nostri momenti di preghiera, di ricevere con molta devozione la Santa Comunione: perché Gesù nasce e viene a noi! E che non ci manchi la visione spirituale nelle attività quotidiane della nostra vita. Dobbiamo porre uno sguardo soprannaturale nella nostra professione, nei nostri studi, nei nostri apostolati, anche nei contrattempi della giornata. Nulla sfugge alla provvidenza divina! Con la certezza e la gioia di sapere che collaboriamo con gli angeli e con il Signore nei progetti amorosi e salvifici di Dio.
OFFLINE
20/12/2020 09:42
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù»

Fray Josep Mª MASSANA i Mola OFM
(Barcelona, Spagna)
Oggi, il vangelo ha il tono di un racconto popolare. Le fiabe incominciano così: “C’era una volta...”, si presentano i caratteri, il tempo, il posto e il problema. Arriverà fino al punto àlgido con il nodo della storia; finalmente la conclusione.

San Luca, in modo similare, ci racconta, con tono popolare e accessibile, la storia più grande. Presenta, non un racconto creato dalla fantasia, ma una realtà tessuta da Dio con la collaborazione umana. La vetta più alta è: <> (Lc 1,31).

Questo messaggio ci dice che il Natale è vicino. Maria ci aprirà le porte con la sua collaborazione nell’opera di Dio. L’umile fanciulla di Nazaret ascolta sorpresa l’annuncio dell’Angelo. Appunto pregava che Dio mandasse il Messia presto, per salvare il mondo. Non poteva immaginare nella sua modesta comprensione, che Dio aveva scelto Lei per realizzare i suoi piani.

Maria vive momenti di tensione, drammatici, nel suo cuore: era e voleva rimanere vergine; Dio ora gli offre una maternità. Maria non lo capisce: <> (Lc 1,34), domanda. L’Angelo gli dice che la sua verginità e la maternità non sono in contraddizzione, ma, per la forza dello Spirito Santo, si integrano senza problemi. Non è che Lei adesso lo abbia capito meglio. Ma per Lei è sufficiente, poichè il miracolo sarà opera di Dio: <> (Lc 1,38). Per questo risponde: <> (Lc 1,38). Avvenga per me! Avvenga su di me! Fiat! Si. Completa accettazione della volontà di Dio, mezzo tentennante, ma senza condizioni.

In quello stesso momento, <> (Gn 1, 14). Quella storia popolare diviene allo stesso tempo la realtà più divina e più umana. Paolo VI scrisse nel anno 1974: “In Maria vediamo la risposta di Dio al mistero dell’uomo; e la domanda che l’uomo fa su Dio e la propria vita”.
OFFLINE
22/12/2020 08:18
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore»

Rev. D. Francesc PERARNAU i Cañellas
(Girona, Spagna)
Oggi, il Vangelo della Messa presenta alla nostra considerazione il Magnificat, che Maria piena di gioia, intonò in casa della sua parente Elisabetta, madre di Giovanni il Battista. Le parole di Maria ci portano reminiscenze di altri canti biblici che Ella conosceva molto bene e che aveva recitato e contemplato in tante ocassioni. Però adesso, nelle sue labbra, quelle stesse parole hanno un significato molto più profondo: Lo spirito della Madre di Dio lascia intravedere dietro di loro la purezza del suo cuore. Ogni giorno, la Chiesa le fa sue nella Liturgia delle Ore quando pregando le Vispere dirige verso il cielo quello stesso canto con il quale Maria si esultava, benediva e ringraziava Dio per tutte le sue bontà.

Maria si é beneficiata della grazia più straordinaria che mai nessun’altra donna ha ricevuto o riceverà: è stata eletta da Dio, fra tutte le donne della storia, per essere la Madre di quel Messia Redentore che la Umanità stava aspettando da secoli. É l’onore più grande mai concesso ad un essere umano ed Ella lo riceve con assoluta semplicità e umiltà, rendendosi conto che è tutta grazia, regalo e che Ella non è nulla davanti all’immensità del Potere e della grandezza di Dio, che ha compiuto meraviglie in Lei (cf Lc. 1,49). Una grande lezione di umiltà per tutti noi, figli di Adamo ed eredi di una natura umana segnata profondamente per quel peccato originale del quale giorno dopo giorno, trasciniamo le conseguenze.

Stiamo arrivando già alla fine del tempo di Avvento, un tempo di conversione e di purificazione. Oggi è Maria che ci insegna il cammino migliore. Meditare la preghiera della nostra Madre —volendo farla nostra— ci aiuterà ad essere più umili. Santa Maria ci aiuterà se glielo chiediamo fiduciosi.
OFFLINE
23/12/2020 09:25
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Che sarà mai questo bambino?. E davvero la mano del Signore era con lui»

Rev. D. Miquel MASATS i Roca
(Girona, Spagna)
Oggi, nella prima lettura leggiamo: «Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me» (Mal 3,1). La profezia di Malachia si compie in Giovanni Battista. È lui uno dei personaggi principali della liturgia di Avvento, che invita a prepararci con la preghiera e la penitenza per la venuta del Signore. Così come recita la preghiera di colletta della messa di oggi: «è ormai davanti a noi il Natale del tuo Figlio: ci soccorra nella nostra indegnità il Verbo che si è fatto uomo nel seno della Vergine Maria e si è degnato di abitare fra noi».

La nascita del Precursore ci parla della prossimità del Natale. Il Signore è vicino, prepariamoci! Interrogato dai sacerdoti venuti da Gerusalemme su chi egli fosse, rispose: «Io sono la voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore’» (Gv 1,23).

«Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20), si legge nell’antifona della Comunione. Dobbiamo fare un esame per vedere come ci stiamo preparando per ricevere Gesù il giorno di Natale: Dio vuole nascere soprattutto nei nostri cuori.

La vita del Precursore ci insegna la virtù di cui abbiamo bisogno per ricevere bene Gesù; fondamentalmente è l’umiltà del cuore. Egli si riconosce strumento di Dio per compiere la sua vocazione, la sua missione. Come dice sant’Ambrogio: «Non ti gloriare di essere chiamato figlio di Dio –riconosciamo la grazia senza dimenticare la nostra natura-; non ti inorgoglire se hai servito bene, perché hai solo fatto quello che si doveva fare. Il sole fa il suo lavoro, la luna obbedisce; gli angeli compiono la loro missione. Lo strumento scelto dal Signore per i gentili dice: ‘Io sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio’ (1Cor 15,9)».

Cerchiamo solo la gloria di Dio. La virtù dell’umiltà ci disporrà a prepararci come si deve alle feste che si avvicinano.
OFFLINE
24/12/2020 09:10
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Ci visiterà un sole che sorge dall’alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre»

Rev. D. Ignasi FABREGAT i Torrents
(Terrassa, Barcelona, Spagna)
Oggi, il Vangelo raccoglie il canto di lode di Zaccaria, dopo la nascita di suo figlio. Nella prima parte il padre di Giovanni ringrazia Dio, nella seconda parte i suoi occhi guardano verso il futuro. Tutto in lui traspira allegria e speranza al riconoscere l’azione salvatrice di Dio con Israele che, finisce con la venuta dello stesso Dio incarnato, preparata dal figlio di Zaccaria.

Già sappiamo che Zaccaria era stato castigato da Dio a causa della sua incredulità. Però adesso, quando l’azione divina è stata completamente manifestata nella sua carne -al recuperare la voce- esclama quello che fino allora non si poteva dire se non con il cuore; ed è vero quel che diceva: «Benedetto il Signore, Dio d’Israele...» (Lc 1,68). Quante volte vediamo le cose oscure, negative, in modo pessimista! Se avessimo la visione soprannaturale dei fatti che Zaccaria ci mostra nel Canto del Benedictus, vivremmo con allegria e speranza in una forma stabile.

«Il Signore è vicino; il Signore è già qui». Il padre del precursore è consapevole che la venuta del Messia è, soprattutto, luce. Una luce che illumina tutti quelli che vivono nell’oscurità, sotto le ombre della morte, cioè a noi! Magari potessimo renderci conto con piena coscienza del fatto che il Bambino Gesù viene ad illuminare le nostre vite, viene a guidarci, a segnalarci il cammino che dobbiamo seguire! Magari ci lasciassimo guidare dalle sue illusioni, da quella speranza che ha in noi!

Gesù è il “Signore” (cf. Lc 1,68.76), però è anche il “Salvatore” (cf. Lc 1,69).

Queste due confessioni (attribuzioni) che Zaccaria fa a Dio, così vicine alla notte di Natale, mi hanno sempre sorpreso, perché sono precisamente le stesse che l’Angelo del signore assegnerà a Gesù nel suo annuncio ai pastori e che potremo ascoltare con emozione questa sera nella Messa della vigilia di Natale. Perché chi nasce è Dio!
OFFLINE
27/12/2020 09:39
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore»

Rev. D. Joan Ant. MATEO i García
(Tremp, Lleida, Spagna)
Oggi, celebriamo la festa della Sacra Famiglia. Il nostro sguardo si sposta dal centro del presepio –Gesù- per contemplare, vicini a Lui, Maria e Giuseppe. Il Figlio eterno del Padre passa dalla famiglia eterna, che è la Santissima Trinità, alla famiglia terrena, formata da Maria e da Giuseppe. Come deve essere importante la famiglia agli occhi di Dio, quando la prima cosa che procura a Suo Figlio è una Famiglia!

Giovanni Paolo II, nella sua Carta apostolica, `Il Rosario della Vergine Maria´ ha nuovamente fatto risaltare l’importanza capitale che ha la famiglia, quale fondamento della Chiesa e della società umana, e ci ha chiesto di pregare per la famiglia e di recitare il Santo Rosario, per rivitalizzare questa istituzione. Se la famiglia va bene, la società e la Chiesa andranno bene.

Il Vangelo ci dice che il Bambino cresceva e si sviluppava, pieno di sapienza. Gesù trovò il calore di una famiglia che andava strutturandosi attraverso le reciproche relazioni d’amore! Quanto sarebbe bello e utile se ci sforzassimo giorno per giorno nello strutturare la nostra famiglia! Con lo spirito di servizio e di preghiera, con amore reciproco, con una grande capacità di comprendere e di perdonare. Potremo godere -come nella casa di Nazaret- il cielo e la terra! Costruire la famiglia è oggi uno dei compiti più urgenti. I genitori, come ricordava il Concilio Vaticano II, hanno un ruolo insostituibile: «E’ dovere dei genitori creare un ambiente di famiglia rinvigorito dall’amore, dal rispetto verso Dio e verso gli uomini, e di facilitare una educazione integra personale e sociale dei figli». Nella famiglia s’impara la cosa più importante: s’impara ad essere persone.

Infine, parlare della famiglia per i cristiani è parlare della Chiesa. L’evangelista san Luca ci dice che i genitori di Gesù Lo condussero a Gerusalemme per presentarlo al Signore. Quell’offerta raffigurava l’offerta sacrificale al Padre, che ebbe come risultato la nascita dei cristiani. Riflettere su questa gioiosa realtà, ci aprirà ad una più grande fraternità e ci porterà ad amare ancora di più la Chiesa.
OFFLINE
29/12/2020 09:14
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace (...), perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza»

Chanoine Dr. Daniel MEYNEN
(Saint Aubain, Namur, Belgio)
Oggi, 29 dicembre, festeggiamo il santo Re Davide; ma la Chiesa vuole onorare tutta la famiglia di Davide e, specialmente, il più illustre di tutti loro, Gesù, il Figlio di Dio, Figlio di Davide! Oggi, in questo eterno “oggi” del Figlio di Dio, l’Antica Alleanza del tempo del Re Davide, si realizza e si compie in tutta la sua pienezza. Dunque, come narra il Vangelo di oggi, il Bambino Gesù viene presentato nel Tempio dai Suoi genitori, nell’osservanza dell’antica Legge: «Quando furono compiuti i giorni della purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il Bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore come è scritto nella legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» (Lc 2,22-23).

Oggi si eclissa la vecchia profezia, per cedere il passo alla nuova: Colui che il Re Davide aveva annunciato all’intonare i suoi salmi messianici, è entrato finalmente nel Tempio di Dio! Oggi è il grande giorno in cui quello che San Luca denomina `Simeone´, presto abbandonerà questo mondo di oscurità per entrare nella visione della Luce eterna: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli» (Lc 2,29-32).

Anche noi, che siamo il Santuario di Dio, nel quale abita il suo Spirito (cf. 1Cor 3,16), dobbiamo stare attenti a ricevere Gesù nel nostro interiore. Se oggi abbiamo la fortuna di ricevere Gesù nell’Eucaristia, chiediamo a Maria, la Madre di Dio, che interceda per noi presso il Figlio: che muoia l’uomo vecchio e che il nuovo uomo (cf.Col 3,10) nasca in tutto il nostro essere, perché possiamo trasformarci nei nuovi profeti, coloro che annuncino al mondo intero la presenza di Dio tre volte santo, Padre, Figlio e Spirito Santo!

Come Simeone, siamo profeti della morte dell’ “uomo vecchio”! Come disse il Papa , Giovanni Paolo II, «la pienezza dello Spirito di Dio viene accompagnata (...) innanzitutto dalla disponibilità interiore che proviene dalla fede. Da questo, l’anziano Simeone, uomo giusto e pietoso, ebbe l’intuizione nel momento della presentazione di Gesù nel Tempio
OFFLINE
31/12/2020 09:46
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«E il Verbo si fece carne»

Rev. D. David COMPTE i Verdaguer
(Manlleu, Barcelona, Spagna)
Oggi, è l’ultimo giorno dell’anno. Frequentemente una mescolanza di sentimenti –incluso contraddittori- sussurrano nei nostri cuori in questa data. E’ come una specie di rassegna, dei differenti momenti vissuti e di quelli che avremmo voluto vivere, che si facessero presenti nella nostra memoria. Il Vangelo di oggi può aiutarci a decantarli per poter cominciare il nuovo anno con rinnovato slancio.

«Il Verbo era Dio (...) Tutto è stato fatto per mezzo di lui» (Gv 1,1.3). Al momento di fare il bilancio dell’anno, bisogna tener presente che ogni giorno vissuto è stato un dono ricevuto. Perciò, qualunque profitto ne abbiamo tratto, oggi dobbiamo dimostrare la nostra riconoscenza per ogni minuto dell’anno trascorso.

Ma il dono della vita non è completo. Restiamo bisognosi. Perciò il Vangelo di oggi apporta una parola speciale: «accogliere». «E il Verbo si fece carne» (Gv 1,14). Accogliere lo stesso Dio! Dio, facendosi uomo, si mette alla portata di ognuno di noi. “Accogliere” significa aprirGli le nostre porte, permetterGli di entrare nelle nostre vite, nei nostri progetti, in quelle azioni che colmano i nostri giorni. Fino a che punto abbiamo accolto Dio e Gli abbiamo permesso di entrare in noi?

«Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,9). Accogliere Gesù vuol dire lasciarsi questionare per Lui. Permettere che i suoi criteri illuminino sia i nostri pensieri più intimi, sia le nostre attività sociali e lavorative. Che le nostre attuazioni concordino con le Sue!

«La vita era la luce» (Gv 1,4). Ma la fede è qualcosa di più che dei criteri. E’ la nostra vita innestata nella Vita. Non è solo sforzo –che lo è-. E’ soprattutto dono e grazia. Vita ricevuta nel seno della Chiesa, specialmente per mezzo dei sacramenti. Che posto occupano nella mia vita cristiana?

«A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,12). Tutto un progetto appassionante per l’anno che stiamo per cominciare
OFFLINE
02/01/2021 09:32
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«In mezzo a voi sta uno ..., colui che viene dopo di me»

Mons. Romà CASANOVA i Casanova Vescovo di Vic
(Barcelona, Spagna)
Oggi, nel Vangelo della liturgia eucaristica, leggiamo il testimonio di Giovanni il Battista. Il testo che precede queste parole del Vangelo secondo san Giovanni è il prologo nel quale si afferma con chiarezza: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Ciò che nel prologo –quale grande preludio- si annuncia, adesso nel Vangelo, punto per punto, viene svelato. Il mistero del Verbo incarnato è mistero di salvezza per l’umanità: «La grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo» (Gv 1,17). La salvazione ci viene per mezzo di Gesù Cristo e la fede è la risposta alla manifestazione di Cristo.

Il mistero della salvazione in Cristo va sempre accompagnato dal testimonio. Lo stesso Gesù Cristo è l’«Amen, il Testimone degno di fede e veritiero» (Ap 3,14). Giovanni Battista è colui che dà testimonio con la sua missione ed il suo sguardo di profeta: «In mezzo a voi sta uno (...) che viene dopo di me» (Gv 1,26-27). Gli Apostoli, infatti, interpretano così la missione: «Questo Gesù, Dio Lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni» (At 2,32).

La chiesa intera, e perciò tutti i suoi membri, abbiamo la missione di essere testimoni. Il testimonio che noi portiamo al mondo ha un nome. Il Vangelo è lo stesso Gesù Cristo. Lui è la “Buona Novella”. E la proclamazione del Vangelo in tutto il mondo, bisogna capirla anche nel senso di `testimonio che unisce inseparabilmente l’annunzio e la vita´. È conveniente ricordare quelle parole del papa Paolo VI: «L’uomo contemporaneo ascolta meglio coloro che danno testimonio che quelli che insegnano (...), o, se ascoltano quelli che insegnano, è perché danno testimonio».
OFFLINE
04/01/2021 10:39
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Rabbì (che significa maestro), dove abiti? . Disse loro: Venite e vedrete»

Fray Josep Mª MASSANA i Mola OFM
(Barcelona, Spagna)
Oggi, il Vangelo ci ricorda le circostanze della vocazione dei primi discepoli di Gesù. Per prepararsi alla venuta del Messia, Giovanni e il suo compagno Andrea avevano ascoltato e seguito per un certo tempo il Battista. Un bel giorno, lui indica Gesù con il dito e lo chiama Agnello di Dio. Immediatamente, Giovanni e Andrea capiscono: il Messia atteso è Lui! E lasciando il Battista, incominciano a seguire Gesù.

Gesù sente i passi dietro di Lui. Si gira e fissa lo sguardo su quelli che lo seguono. Gli sguardi si incrociano tra Gesù e quegli uomini semplici. Questi rimangono affascinati. Quello sguardo rimuove i loro cuori e sentono il desiderio di restare con Lui: «Dove abiti?» (Gn 1,38), gli chiedono. «Venite e vedrete» (Gn 1,39), risponde Gesù. Li invita ad andare con Lui e a guardare, a contemplare.

Vanno, e lo contemplano ascoltandolo. Vivono con Lui quell’imbrunire, quella notte. E’ l’ora per l’intimità e le confidenze. È l’ora dell’amore condiviso. Rimangono con Lui fino al giorno dopo, quando sorge il sole sul mondo.

Accesi con la fiamma di quel «sole che viene dall’alto, per illuminare quelli che stanno nelle tenebre» (cf. Lc 1,78-79), vanno a irradiarlo. Infervoriti, sentono la necessità di comunicare quello che hanno visto e vissuto ai primi che trovano per strada, «Abbiamo trovato il Messia!» (Gn 1,41). Anche i santi hanno fatto così. San Francesco, ferito d’amore, andava per le strade y le piazze, i villaggi e le foreste urlando: “L’Amore non è amato”.

L’essenza della vita cristiana è lasciarsi guardare da Gesù, andare e vedere dove abita, stare con Lui e condividere. E, dopo, annunciarlo. Questo è il cammino e il processo che hanno seguito i discepoli e i santi. E’ il nostro cammino
OFFLINE
05/01/2021 08:44
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Vieni e vedi»

Rev. D. Rafel FELIPE i Freije
(Girona, Spagna)
Oggi, Filippo ci dà una lezione impeccabile accompagnando Natanaele fino il Maestro. Si comporta come l’amico che desidera condividere con l’altro il tesoro appena scoperto: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazareth» (Gv 1,45). Immediatamente, con illusione, vuole condividerlo con gli altri, affinché tutti possano ricevere i suoi benefici. Il tesoro è Gesù Cristo. Nessuno come Lui può colmare il cuore dell’uomo di pace e felicità. Se Gesù vive nel tuo cuore, il desiderio di condividerlo si trasformerà in una necessità. Da qui nasce il senso dell’apostolato cristiano. Quando Gesù, più avanti, ci inviti a tirare le reti dirà a ognuno di noi che dobbiamo essere pescatori di uomini, poiché sono molti quelli che hanno bisogno di Dio, che la fame di trascendenza, di verità, di felicità... c’è Qualcuno che può saziare pienamente: Gesù Cristo. «Soltanto Gesù Cristo è per noi tutte le cose (…). ¡Felice l’uomo che spera in Lui!» (Sant’Ambrogio).

Nessuno può dare quello che non ha o non ha ricevuto. Prima di parlare del Maestro, è necessario aver parlato con Lui. Soltanto se lo conosciamo bene e ci siamo lasciati conoscere da Lui, saremo in condizione di presentarlo agli altri, così come fa Filippo nel Vangelo di oggi. Così come hanno fatto tanti santi e sante lungo la storia.

Frequentare Gesù, parlare con Lui come un amico parla al suo amico, confessarlo con una fede convinta: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!» (Gv 1,49), riceverlo spesso nell’Eucaristia e visitarlo con frequenza, ascoltare attentamente le sue parole di perdono... tutto ci aiuterà a presentarlo meglio agli altri e a scoprire la felicità interiore che produce il fatto che molte altre persone lo conoscano e lo amino.
Nuova Discussione
Rispondi
TUTTO QUELLO CHE E' VERO, NOBILE, GIUSTO, PURO, AMABILE, ONORATO, VIRTUOSO E LODEVOLE, SIA OGGETTO DEI VOSTRI PENSIERI. (Fil.4,8) ------------------------------------------
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 01:50. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com