“Scrivo per non pensare, altrimenti mi sparerei. La gente è disperata perché in questa civiltà dell’ego sfrenato, dominata dai social, si concentra su se stessa”. Così si confessa la scrittrice Barbara Alberti in un’intervista al Corriere della Sera:
“Ho avuto una bellissima infanzia schizofrenica. A 6 anni vidi che la penna scriveva. Avevo trovato la via di uscita. La nonna materna ad Assisi ci menava con il rosario, per lei tutto era peccato: la risata, l’altalena, l’orlo delle mutandine. I nonni toscani, anarchici, vivevano di opere liriche”.
La scrittrice racconta della sua quarantena al Gf Vip:
“In tv mi sono divertita in modo indecente. Reduce da un’aggressione, ero sotto shock. Sono andata lì imbottita di Lexotan. In una notte ho scordato tutto”.
Parlando dell’amore per Sgarbi afferma:
″È stato la mia musa. Ho scritto un’autobiografia come se fosse sua. Sull’arca del diluvio da Covid ho imbarcato lui e il filosofo Giorgio Agamben, gli unici che non si sono piegati al pensiero unico”.
A chi le chiede se abbia paura della morte risponde:
“Moltissimo. Mi fa incazzare. Invidio i cattolici veri. Per loro sarà solo l’inizio.
Vorrei tanto credere in Dio. Invece so che non potrò rivedere i miei morti e i miei vivi. Aveva ragione Alberto Moravia: ’Tanta fatica per imparare l’inglese, e poi, tac!, finè. Ho capito come avrei dovuto amare mia madre solo 20 anni dopo che se n’era andata. Non siamo mai a posto con i morti. Mai, mai, mai”.