Guardo del corbezzolo in fiore
le campanule grigie rivolte al cielo
speranzose d'un alito mite
per ambire a nuove feconde stagioni,
ma è in questa supplica lieve che sento
scricchiolare le ossa ed il ghiaccio
mentre del pettirosso il richiamo
inonda la terra indurita.
Le zolle son membra contorte di estati scannate,
dissanguate carcasse che espiano la colpa
di avere vissuto senza guardare mai indietro,
mai così indietro da percepire il senso del tempo
e mi accorgo di aver superato il mio equinozio
e che, ritrovando il Cacciatore fra milioni di stelle,
tutto mi appare più chiaro
come quando scostando i capelli più radi
appoggi sul naso gli occhiali per risolvere un rebus.
Eppure il vociare dei piccoli,
gli improperi per la catena caduta,
le dita sporche d'inchiostro sotto i guantini felpati,
riportano al cadenzare ostinato dei giorni futuri
e schiocchi i tuoi baci sulle gote rosate,
assapori la pelle gelata,
scosti ciocche dorate
scoprendoti ancora una volta bambino
seppure non trovi, n fondo alle tasche,
altri semi d'acacia.
Sono graditi commenti e critiche.