Gli Ebrei in Egitto

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antonio crasto
00giovedì 3 settembre 2009 21:49
Molti studiosi hanno cercato riscontri dei fatti narrati dall’Antico Testamento per quanto riguarda la permanenza in Egitto di Abramo e dei suoi discendenti.
Al riguardo costoro hanno cercato da prima di inquadrare i vari patriarchi (Abramo, Giacobbe, Giuseppe) in particolari periodi della storia egizia. Quindi si è cercato di riconoscere Mosè in qualche personaggio vissuto alla corte dei faraoni.
Sono state fornite varie possibili soluzioni al problema, ma quasi tutte presentano la grave pecca di trascurare la cronologia relativa fornita dalla Bibbia.
Io ritengo che in mancanza di riscontri archeologici sicuri della presenza degli Ebrei in Egitto si debbano valutare alcuni indizi, ma soprattutto si debba inquadrare i veri patriarchi tenendo fede alla cronologia relativa.
Nel mio saggio: HASSALEH – L’OCCHIO DI HORUS. Manetone aveva ragione! ho affrontato in modo dettagliato la problematica e ho analizzato i vari periodi considerati dalle varie versioni della Bibbia (Samaritana, Aramaica e dei LXX). Ipotizzando alcuni possibili errori nei limiti temporali dei vari periodi storici, sono arrivato a una soluzione a mio parere soddisfacente.
Per non togliere il gusto della lettura a chi non ha ancora letto il mio saggio, riporto che in estrema sintesi si può affermare che:

- Abram sia entrato in Egitto intorno al 2030 a.C. durante il regno di Amenemhet I;
- Giuseppe sia entrato in Egitto intorno al 1837 a.C. durante il regno di Amenemhet III;
- Giacobbe e la sua tribù siano entrati in Egitto intorno al 1815 a.C.;
- il periodo di “schiavitù” o lavori forzati sia iniziato intorno al 1525 a.C. durante il regno di Amenhotep I o quello di Thutmose I (a seconda della cronologia della XVIII dinastia che si considera);
- l’Esodo dei discendenti di Giacobbe (Ebrei o Israeliti) si sia avuto nel 1385 a.C. alla fine del regno di Smenkhkara.

Questi riscontri cronologici trovano conferma in vari episodi della storia egizia.
Merytaton62
00giovedì 3 settembre 2009 23:09
Secondo me tutto sta a mettersi d'accordo cosa si intende con il termine "ebrei"...da quello che mi è sembrato di capire, originariamente nella Terra dei Faraoni erano presenti più popolazioni di lingua semtitica che solo in un secondo tempo si sono unificate. Credo che il prof. Izzo voglia dire questo, quando afferma che prima di una determinata epoca (adesso non ricordo quale) è improprio parlare di un "popolo ebraico". Anche la faccenda dell'esodo è molto complessa:secondo alcuni studiosi le popolazioni semitiche hanno abbandonato il suolo d'Egitto a scaglioni, così come ad ondate successive l'avevano occupato.
antonio crasto
00venerdì 4 settembre 2009 07:56
Ritengo che non sia così.
E' evidente che la Bibbia considera come Ebrei i discendenti del patriarca Eber.
E' vero che costoro non costituirono uno stato Ebraico prima della loro occupazione di una parte della Palestina dopo l'Esodo, ma affermare che la non esistenza degli Ebrei nel 2° millennio a.C. nega la loro presenza in Egitto mi sembra alquanto eccessiva.
La Bibbia parla anche di una divisione dei discendenti di Eber dovuta al bisticcio fra Esau e Giacobbe / Israele, per cui è ipotizzabile che le due componenti abbiano avuto una storia differente.
-Kiya-
00venerdì 4 settembre 2009 08:34

ma affermare che la non esistenza degli Ebrei nel 2° millennio a.C. nega la loro presenza in Egitto mi sembra alquanto eccessiva.



beh... se accettiamo la non esistenza degli Ebrei nel II millennio, per forza di cose dobbiamo negarne la presenza in Egitto.
Se a quell'epoca non esistevano, non potevano essere presenti né in Egitto, né altrove.


Secondo il tuo parere, Antonio, a partire da quando è lecito parlare di popolo ebraico, propriamente detto, e in base a quale fonte?
antonio crasto
00venerdì 4 settembre 2009 09:09
E' un problema di terminologia. Negare l'esistenza di uno Stato ebraico non è equivalente a negare l'esistenza di una tribù ebraica (discendenti da Eber).
Lo stato ebraico si formò sicuramente in Palestina dopo l'Esodo e la conquista della terre "promesse".
Quando i discendenti di Giacobbe si trovavano in Egitto non esisteva ovviamente alcuno statto ebraico o isarelita.
Ci si dimentica che il primo riferimento del popolo d'Israele si ha con la Stele della Vittoria di Merenptah, nella quale si asserisce la quasi totale distruzione del popolo d'Israele.
antonio crasto
00venerdì 4 settembre 2009 09:10
La Bibbia quando parla di Ebrei in Egitto non parla di cittadini provenienti da uno Stato ebraico, ma semplicemente dei numerosi discendenti del patriarca Giacobbe.
Negare l’esistenza della loro vita in Egitto (schiavitù o non schiavitù) e il loro Esodo dall’Egitto perché prima dell’VIII secolo a.C. non esisteva uno Stato ebraico, né un’identità religiosa ebraica, né la stessa Bibbia, mi sembra un gigantesco errore fatto in perfetta malafede.
Concordo col fatto che la religione degli Ebrei, quella che è codificata nella Bibbia, nacque dopo l’Esodo dall’Egitto, ma non per questo è logico negare l’esistenza dei discendenti di Giacobbe. E’ possibile che costoro abbiano preso una parte della cultura egizia e abbiano mischiato le loro antiche credenze religiose con alcune delle credenze egizie. Così sembra capirsi per esempio nella narrazione del sacrificio di Abramo di un ariete e nella venerazione del vitello / toro d’oro.
In merito all’esistenza di un popolo ebraico – israelita in Egitto sono state fornite numerose prove. Esiste una certa affinità della lingua ebraica con i geroglifici, è stata constatata l’esistenza di vari nomi con riferimento biblico fra i personaggi del 2° P.I. ed esiste una sicura similitudine fra la religione monoteistica ebraica e il culto atoniano imposto da Akhenaton.
Nel tentativo di trovare le due città deposito che gli Ebrei stavano edificando prima dell’Esodo, sono state trovate le rovine di un’antica città edificata proprio con mattoni di fango senza paglia, in perfetto accordo con quanto asserisce la Bibbia.
Le vicende connesse alle dieci piaghe d’Egitto sembrano poi trovare una giustificazione nelle variazioni climatiche connesse alla tremenda catastrofe dell’esplosione del vulcano di Thera / Santorini.
Nell’ambito di queste catastrofi potrebbe trovar spazio una gravissima emergenza sanitaria (epidemia di peste bubbonica) che potrebbe giustificare le vicende del regno di Akhenaton: la sua coreggenza, lo spostamento della reggia di Amenhotep III a Malgata, la creazione di una seconda reggia in pieno deserto ad Akhetaton, il culto del disco solare Aton, il perfetto isolamento / quarantena sancito dal giuramento di Akhenaton, il grave errore della festa dei Tributi del 12° anno di regno e il probabile arrivo ad Akhetaton dell’epidemia.
Se è vero che vari indizi costituiscono delle prove, possiamo dire che esistono numerosissime prove della lunghissima permanenza dei discendenti di Giacobbe in Egitto (ebrei – israeliti).
Ritengo ancora che quanto sta emergendo in questi ultimi tempi non rientri nella Storia, ma sia semplicemente una mirata opera di archeologia-politica e disinformazione storica.
Non si tratta di fanta-archeologia, pari a quella portata avanti da alcuni studiosi desiderosi di dare lustro ai loro antenati (vedi Sardi e Shardana), ma di un tentativo politico di separare la storia degli Ebrei da quella degli Egiziani. L’odio che esiste fra i due attuali popoli porta al tentativo non scientifico di separare le loro storie, così che non possa definirsi un qualche legame culturale, religioso o di sangue.
Questo tentativo archeo-politico ha però un grave risvolto. Negare la veridicità storica della Bibbia potrebbe suggerire che anche gli aspetti religiosi furono inventati. Non ci sarebbe stato nessun Dio di Abramo, nessun dialogo fra Dio e vari patriarchi, nessuna Terra Promessa.
Gli Ebrei sarebbero stati semplicemente dei conquistatori e avrebbero inventato le loro radici.
Le radici religiose su cui si basano le tre religioni monoteistiche sarebbero cioè pura invenzione!
-Kiya-
00venerdì 4 settembre 2009 09:21
Re:
antonio crasto, 04/09/2009 9.09:


Ci si dimentica che il primo riferimento del popolo d'Israele si ha con la Stele della Vittoria di Merenptah, nella quale si asserisce la quasi totale distruzione del popolo d'Israele.



Nella stele di Merenptah si parla delle genti di ysrỉr, presumibilmente un popolo nomade, il termine in geroglifico, infatti, non presenta l'ideogramma tipico di stato o paese, bensì quello che associa un uomo e una donna. Inoltre la teoria che possa trattarsi del primo riferimento ad Israele è relativamente moderna e non accettata in senso assoluto.
NEFERNEFERURE
00venerdì 4 settembre 2009 17:03
Discussioni unite?
-Kiya-
00venerdì 4 settembre 2009 17:59
no, discussioni che trattano pari argomento, con due punti di vista differenti ;)
antonio crasto
00sabato 5 settembre 2009 09:46
Re: Re:
-Kiya-, 04/09/2009 9.21:



Nella stele di Merenptah si parla delle genti di ysrỉr, presumibilmente un popolo nomade, il termine in geroglifico, infatti, non presenta l'ideogramma tipico di stato o paese, bensì quello che associa un uomo e una donna. Inoltre la teoria che possa trattarsi del primo riferimento ad Israele è relativamente moderna e non accettata in senso assoluto.




Riporto da Alan Gardiner, “La civiltà egizia”,

pag. 247
«[…] I principi prosternati gridano «Pietà!» Nessuno alza la testa fra i Nove Archi. Il paese di Tjehnu è distrutto, il Khatti è in pace, Canaan è stata saccheggiata con tutto il male, Ascalona è presa e Gezer catturata, Yenoam è ridotta come se non fosse mai esistita. Israele è desolata e non ha più seme, Khor è rimasta vedova per To-meri. »

Gardiner scrive che in questa frase si può trarre l’unico riferimento in testi egizi del nome Israele e commenta che la scoperta della Stele della Vittoria nel 1869 fu imbarazzante per gli studiosi, la maggior parte dei quali riteneva Merenptah il faraone dell’Esodo.

Pag. 248
«Fra gli altri brani di origine analoga citati a ragione o a torto, come prova del soggiorno degli Israeliti in Egitto c’è il rapporto di un altro funzionario che scriveva:

« Abbiamo finito per concedere alle tribù Shosu (Beduini) di Edom il permesso di passare oltre la fortezza di Merenptah che è nel Tjeku per recarsi agli stagni di Pi-tum di Merenptah che sono nel Tjeku, onde mantenerle in vita e mantenere vivo il loro bestiame grazie alla generosità del faraone, lo splendido sole di ogni paese. Anno 8, terzo giorno epagomeno, anniversario di Seth. »

La Pi-Tum qui nominata è, ovviamente, la Pitom dell’Esodo e, quale che fosse la località esatta, doveva certo trovarsi nello Wadi Tumilat, la fertile depressione che corre attraverso il deserto separando il Delta da Ismailia. »

Commento

Gardiner, che non è certo l’ultimo degli Egittologi, non ha dubbi sul fatto che nella Stele della Vittoria ci si riferisce allo Stato dei discendenti di Giacobbe / Israele, così come ritiene una valida conferma della veridicità dei riferimenti geografici della Bibbia la citazione in un testo egizio della località di Pi-Tum (Per-Atum), località nella quale, secondo la Bibbia, gli ebrei / israeliti stavano lavorando per l’edificazione di una città deposito.








Drago Mavericks
00domenica 6 settembre 2009 07:02
Re:
-Kiya-, 04/09/2009 8.34:



beh... se accettiamo la non esistenza degli Ebrei nel II millennio, per forza di cose dobbiamo negarne la presenza in Egitto.
Se a quell'epoca non esistevano, non potevano essere presenti né in Egitto, né altrove.





Il mio professore di epigrafia latina e greca (a sua volta archeologo), un giorno mi disse: "quanto in archeologia non può essere appurato, parimenti non può essere negato".

Parole sante...

Le scoperte di Bogazkoy e Khorsabad, ad esempio, hanno causato un forte imbarazzo generale per tutti coloro che hanno ridicolizzato la veridicità storica della Bibbia.
Se col termine "popolo ebraico" alludiamo alla discendenza della stirpe di Abramo, allora il sito biblico di Bogazkoy (tempio del popolo ittita) testimonia l'esistenza storica degli ebrei dal tempo più remoto, poiché la conversazione di Abramo con gli ittiti viene menzionata addirittura in Genesi 23, 3.
Vi ricordo che in principio si pensava che l'esistenza del popolo ittita fosse sinonimo di fantascienza.
E invece...
Dunque ipotizzare che gli ebrei neppure esistessero nel 1.500 a.C. è pura invenzione.

Premesso questo, esistono numerosi indizi a supporto della fondatezza storica dell'Esodo: Ayun Musa (identificata con Bet - Peor), Tell 'Azeimeh (identificata con Bet - Iesimot), Tel Jalul (identificata con Chesbon), Tell Deir 'Alla (a Moab)...
Insomma: nelle tappe bibliche menzionate nell'Esodo, puntualmente sono stati rinvenuti siti archeologici.
Pura coincidenza?
Non credo...

Inoltre sarebbe corretto far luce sui misteri del palazzo reale di Ebla...

antonio crasto
00lunedì 7 settembre 2009 16:05
A riguardo dell'Esodo degli Ebrei (intesi come discendenti di Giacobbe / Israele) consiglio la lettura del libro di Andrew Collins e Chris Ogilvie-Herald "La cospirazione di Tutankhamen", sottotitolo "La vera storia dell'Esodo degli Ebrei dall'Egitto".

Gli indizi individuati dagli autori (noti per la loro bravura e pignoleria) sono tanti e molto interessanti. Non considerli significa fare della ricerca con gli occhi bendati o essere in malafede.
NEFERNEFERURE
00martedì 8 settembre 2009 18:43
Da mesi sono su quel testo, un po' per mancanza di tempo e molto per la complessità dell'argomento, mi riservo di riportare presto un sunto (se possibile) delle loro attentissime e documentatissime conclusioni.
antonio crasto
00venerdì 11 settembre 2009 14:18
Fini alla scoperta della stele della Vittoria di Merenptah molti studiosi ritenevano che il faraone dell’Esodo fosse proprio questo faraone, ma la citazione nella stele alle genti d’Israele portò ad ipotizzare che il faraone dell’Esodo fosse Ramesse II.
Molti studiosi non sono però d’accordo con questa ipotesi!
Non si può infatti leggere nella Bibbia ciò che fa comodo e tralasciare ciò che contrasta le nostre convinzioni.
La Bibbia:

- non parla di Pi-Ramesse, capitale della XIX dinastia;
- cita il nome Ramses due volte, la prima al momento dell’arrivo di Giacobbe in Egitto, quando il faraone concesse alla tribù del patriarca di vivere nelle terre di Gosen / Ramses, la seconda quando afferma che gli “Ebrei” stavano fabbricando mattoni per la costruzione delle città deposito di Ramses e Pitom;
- dice che l’Esodo avvenne 480 o 440 (Bibbia dei LXX) anni prima dell’inizio della costruzione del tempio di Gerusalemme nei primi anni di regno di Salomone (circa 950 a.C.), per cui l’anno dell’Esodo dovrebbe essere 1430 o 1390 a.C.

Commenti:

gli studiosi hanno cercato di dare un senso alle possibile discordanze del testo e la maggior parte di loro ha ipotizzato che:

- il nome Ramses ai tempi della XII / XIII dinastia sia un anacronismo;
- l’aggettivo deposito per la città di Ramses sia un errore;
- il periodo fra Esedo ed edificazione del tempio di Gerusalemme sia sbagliato e debba essere inteso come circa 300.

Non mi sembra questo un modo corretto di analizzare un testo.
Io ritengo invece che quanto dice la Bibbia sia esatto. Ramses è un nome comune e prima di essere il nome di vari faraoni potrebbe essere stato il nome del “feudatario” delle terre di Gosen concesse in uso alla tribù di Giacobbe.
La città di Pi-Ramesse fu edificata ristrutturando la città o l’area della capitale Avaris degli Hyksos (quasi sicuramente distrutta durante la guerra), per cui è molto probabile che gli “Ebrei” stessero costruendo mattoni per ristrutturare Avaris, nel territorio di Ramses.
La Bibbia fa capire che l’Esodo potrebbe essersi verificato alla fine del 15° secolo o agli inizi del 14° secolo a.C., per cui i faraone dell’oppressione e quello dell’Esodo vanno cercati fra i faraoni della XVIII dinastia.
Sono state avanzate alcune ipotesi, più o meno condivisibili.
Io ho confrontato nel mio saggio la cronologia relativa della Bibbia e quella egizia e alla luce di date proposte dalla tradizione ebraica ho ipotizzato che l’Esodo abbia avuto luogo nel 1385 a.C. durante il regno effimero di Ankhkheperura Djeserkheperu Smenkhkara.

Ho più volte espresso la mia convinzione che il tentativo di portare l’Esodo sotto il regno di Merenptah o Ramesse II sia legato alla volontà di spostare la nascita del monoteismo ebraico dal “monoteismo” di Akhenaton, così da dare maggior valore alla novità religiosa messa in atto da Mosè.

antonio crasto
00sabato 12 settembre 2009 10:46
Nella Bibbia è citato il nome Ramses ben tre vote.
Una prima quanto il faraone concesse alla tribù di Giacobbe di risiedere nella terra di Ramses, una seconda quando dice che prima dell’Esodo gli Ebrei stavano lavorando per costruire le città deposito di Ramses e Pitom e infine quando afferma che l’Esodo incominciò con l’uscita degli Ebrei da Ramses.
Gli studiosi del 19° secolo ritennero che la prima citazione fosse anacronistica e che le altre due si riferivano alla costruzione della nuova capitale della XIX dinastia, Pi-Ramesse, nel delta orientale del Nilo.
Considerando che la capitale fu spostata a Pi-Ramesse da Ramesse II, si ritenne molto probabile che costui sia stato il faraone che mise ai lavori forzati gli Ebrei e dal quale Mosè scappò rifugiandosi in Madian.
Considerando che il testo biblico parla di un rientro in Egitto dopo la morte del faraone e dopo 40 anni di permanenza nella terra di Madian, la maggior parte degli studiosi considerò Merenptah il faraone dell’Esodo.
La scoperta della stele della Vittoria di Merenptah, nella quale era chiaramente espressa la distruzione del popolo di Israele (Giacobbe) e la conseguente necessità di un certo lasso di tempo per consentire ai personaggi dell’Esodo di crescere, insediarsi in Palestina e diventare minaccioso per l’Egitto, convinse la maggior parte degli studiosi che il faraone dell’Esodo non poteva essere Merenptah e doveva quindi essere visto nel padre, Ramesse II, considerando quindi Sethy I il faraone del giogo.
Alla luce di queste ipotesi gli studiosi ritennero di dover cercare le tracce della conquista della Palestina negli insediamenti datati alla 2° metà del 13 secolo a.C., durante la fine dell’Età del Bronzo.
L’archeologo americano William Foxwell Albright esplorò fra il 1920 e il 1929 diversi insediamenti, cercando i riscontri delle conquiste e distruzioni del popolo ebraico alla guida di Giosuè. Gli insediamenti di Cazor e Lachis presentavano, tra gli altri, tracce di massicce distruzioni e sembravano risultare la testimonianza della verità storica della Bibbia.
L’indagine storica delle vicissitudini della Palestina in quel periodo portarono in seguito a contraddire le affermazioni di Albright, in quanto si constatò che le distruzioni della fine del 13° secolo a.C. erano da attribuire alla poderosa opera di conquista dei Popoli del Mare.
Questa scoperta sembrò far cadere le ipotesi di veridicità della Bibbia e furono pertanto avanzate alcune ipotesi alternative di penetrazione degli Ebrei in Palestina.
I professori dell’Università di Lipsia, Albrecht Alt e Martin Noth ipotizzarono che la Palestina fu occupata dagli Ebrei con una lenta infiltrazione pacifica, grazie a insediamenti di genti seminomade. Inizialmente costoro avrebbero vissuto pacificamente insieme agli abitanti canaaniti, fintanto che la convivenza pacifica fu rotta da scontri militari, originati forse dal necessità di avere nuove terre per pascolare il loro bestiame.
Questa teoria fu però contestata e nel 1962 lo studioso dell’Università del Michigan, George Mendenhall, pubblicò la sua nuova teoria della “rivolta dei contadini”. Egli ipotizzò cioè che dei pastori seminomadi si dissociarono dai feudatari sotto i quali lavoravano (Egitto e terre dell’Asia anteriore) ed emigrarono sugli altopiani della Palestina, costituendo un primo nucleo di comunità autogovernata. Questa confederazione tribale avrebbe in seguito conquistato alcune città della Palestina.
La teoria di Mendenhall fu sostenuta dal professor Norman K. Gottward in quanto oltre a giustificare le scarsissime evidenze archeologiche, teneva conto dell’Esodo di alcune tribù e del loro lungo attraversamento del deserto fino agli altopiani della Palestina.
In accordo con quanto afferma Manetone, il gruppo di pastori seminomade proveniente dall’Egitto avrebbe dovuto accogliere anche gli adoratori dell’Aton, scacciati da Akhetaton, e considerati impuri dopo la restaurazione sancita da Tutankhamon.
Gli studiosi Israel Finkelstein e Neil Asher Silberman sostennero nel loro The Bible Unearthed del 2001 che il gruppo di esuli dall’Egitto poteva essere stato influenzato dai culti eretici atoniani e potrebbe aver costituito il nucleo intorno al quale si formò la nuova popolazione di Israele.
Questa teoria della rivolta di genti seminomadi fu però contrastata intorno agli anni Ottanta e Novanta, grazie alle nuove ricerche archeologiche, che sembravano cancellare l’ipotesi di un Esodo e la conquista della terra di Canaan.
Gli studiosi sostenitori della non veridicità della Bibbia, fra cui Finkelstein e Silberman, videro dunque la formazione del popolo di Israele nello sviluppo di genti indigene degli altopiani meridionali e centrali, durante la Prima Età del Ferro. Lo studio di oltre 250 siti suggerì che i protoisraeliani fossero pastori seminomadi che si trasformarono gradualmente in popolo sedentario e contadino.
Le ipotesi di Finkelstein e Silberman erano però condizionate dalla ricerca di Genti della Prima Età del Ferro e solamente nei territori associati agli israeliti secondo le tradizioni locali. La Bibbia parla invece dell’Esodo alla fine del 15° secolo o agli inizi del 14 secolo a.C. per cui è possibile che i protoisraeliani da loro considerati non fossero i primi antenati degli Ebrei.
Secondo Andrew Collins e Chris Ogilvie-Herald (La cospirazione di Tutankhamen) un riesame del resoconto dell’Esodo racconta una storia differente. La ricerca in luoghi differenti come Elim, l’attuale Eilat, Petra, Kades, la catena di Seir e la terra dei Moabiti e uno studio più approfondito delle usanze ebraiche, sembra testimoniare la presenza del popolo uscito dall’Egitto.
Altre conferme sembrano poi arrivare dallo studio approfondito dei dati storici indicati dalla Bibbia, i quali sembrano non poter essere frutto di un’invenzione, senza alcuna testimonianza diretta in Egitto.
Un confronto fra le religioni e le rispettive scritture sembra poi testimoniare una certa continuità fra esperienza atoniana e prime basi della scrittura e religione ebraica.
Un’ulteriore testimonianza dell’Esodo sembra infine potersi avere dallo studio dei molti insediamenti protoisraeliani trovati negli wadi del Sinai e nel deserto del Negev. Se alcuni di questi insediamenti fossero datati con certezza al 14° secolo a.C. potrebbero costituire la prova definitiva dell’Esodo dall’Egitto e la conferma dei molti abbagli presi dagli studiosi nell’ultimo secolo.


Drago Mavericks
00domenica 13 settembre 2009 16:20
Re:
antonio crasto, 04/09/2009 9.10:

Esiste una certa affinità della lingua ebraica con i geroglifici



Devo darti ragione.

E desidero riportare un piccolo esempio attinente l'etimologia del nome Maria, la cui chiave di lettura permane irrisolta a distanza di migliaia di anni.

L'esempio che riporto, comunque, conferma la vicinanza lessicale e grammaticale dell'ebraico e del geroglifico.

In ebraico si scrive Mrym e si pronuncia Miryàm.
Anche nel geroglifico, tuttavia, esistono nomi propri intrisi di prefisso Mrjm (che significa amato) e di suffisso Yàm (alludente a divinità nilotiche).

Detto questo, il suffisso Yàm risulta praticamente identico.
Al pari del prefisso menzionato: ossia Mrym (secondo la lingua ebraica) e Mrjm (secondo l'impostazione geroglifica).

Strana coincidenza, vero?

In sintesi: gli archeologi che confutano la coesistenza degli ebrei e degli egizi, dovrebbero coniugare le braccia per scavare al cervello per ragionare, perché "il diavolo, spesso, si nasconde nei dettagli".
antonio crasto
00domenica 13 settembre 2009 16:41
Al riguardo desidero segnalare il libro di Messod e Roger Sabbah “I segreti dell’Esodo” – L’origine egizia degli ebrei.

Non sono d’accordo su molte considerazioni storiche degli autori, ma le analogie da essi proposte su lingua ebraica e geroglifici sono quanto meno intriganti e stupefacenti. Non si può che concludere che la lingua ebraica presenta molte reminiscenze di nomi egizi e un chiaro legame col periodo storico di Akhenaton.
-Kiya-
00domenica 13 settembre 2009 16:55
Scusa, Drago, ma a quanto mi risulta, "amato/amata", in egizio è traslitterato mer/meret. Da quale fonte hai tratto l'informazione?
Drago Mavericks
00domenica 13 settembre 2009 17:23
Dagli studi di Zorell, egittologo e semitista.
Però puntualizzo: costui parla di Myr (amato), giungendo a decifrare l'espressione Mrjm solamente a posteriori.
Ho un libro al riguardo.
Dammi il tempo di rientrare a Milano e ti menziono la bibliografia completa (con relativo capitolo).


Merytaton62
00domenica 13 settembre 2009 18:04
Ho letto (con un po' di fatica, devo ammetterlo) il libro "La cospirazione di Tutankhamen". Stando agli autori , dalla tomba del giovane re sarebbero sati trafugati dei rotoli di papiro che conterrebbero alcune non ben precisate "rivelazioni esplosive" sulla presenza degli Ebrei in Egitto e sull'esodo...francamente, però, non so quale attendibilità si possa dare ad un testo che si basa su una pura supposizione.Sempre nello stesso libro si accenna alla possibilità che il faraone dell'esodo fosse stato Akhenaton, e che la sua primogenita ad un certo punto fugga con il marito greco (?!!!) in Europa, approdando addirittura alle coste irlandesi .Unico appiglio:non si conosce in che periodo ed in quali circostanze Meritataton sia morta.Mi pare che siamo nel campo della pura fantarcheologia...
antonio crasto
00domenica 13 settembre 2009 21:04
Re:
Merytaton62, 13/09/2009 18.04:

Ho letto (con un po' di fatica, devo ammetterlo) il libro "La cospirazione di Tutankhamen". Stando agli autori , dalla tomba del giovane re sarebbero sati trafugati dei rotoli di papiro che conterrebbero alcune non ben precisate "rivelazioni esplosive" sulla presenza degli Ebrei in Egitto e sull'esodo...francamente, però, non so quale attendibilità si possa dare ad un testo che si basa su una pura supposizione.Sempre nello stesso libro si accenna alla possibilità che il faraone dell'esodo fosse stato Akhenaton, e che la sua primogenita ad un certo punto fugga con il marito greco (?!!!) in Europa, approdando addirittura alle coste irlandesi .Unico appiglio:non si conosce in che periodo ed in quali circostanze Meritataton sia morta.Mi pare che siamo nel campo della pura fantarcheologia...



Ho citato il libro di Collins e Ogilvie-Herald per l'interessante analisi che viene fatta dell'Esodo (capitolo 22).
Altri argomenti sono meno condivisibili. La trattazione dei papiri scomparsi è comunque molto dettagliata e inquadrata nel contesto storico della formazione dello stato d'Israele.
In merito a Meritaton-Scota mi sembra che esista già una discussione.



antonio crasto
00domenica 13 settembre 2009 21:08
Re: Re:
Drago Mavericks, 13/09/2009 16.20:



Devo darti ragione.

E desidero riportare un piccolo esempio attinente l'etimologia del nome Maria, la cui chiave di lettura permane irrisolta a distanza di migliaia di anni.

L'esempio che riporto, comunque, conferma la vicinanza lessicale e grammaticale dell'ebraico e del geroglifico.

In ebraico si scrive Mrym e si pronuncia Miryàm.
Anche nel geroglifico, tuttavia, esistono nomi propri intrisi di prefisso Mrjm (che significa amato) e di suffisso Yàm (alludente a divinità nilotiche).

Detto questo, il suffisso Yàm risulta praticamente identico.
Al pari del prefisso menzionato: ossia Mrym (secondo la lingua ebraica) e Mrjm (secondo l'impostazione geroglifica).

Strana coincidenza, vero?

In sintesi: gli archeologi che confutano la coesistenza degli ebrei e degli egizi, dovrebbero coniugare le braccia per scavare al cervello per ragionare, perché "il diavolo, spesso, si nasconde nei dettagli".




I fratelli Sabbah riportano che il nome biblico Myriam potrebbe derivare dal nome egizio Mery-Amon.

Credo che l'ipotesi sia fondata.
Drago Mavericks
00lunedì 14 settembre 2009 03:46
Comprendere la reale etimologia di questo nome è davvero difficile (provare per credere).

Comunque penso che esistano tracce tangibili di mescolanza fra lingua egizia e lingua ebraica.

Da notare un particolare: il nome originario Mrym, sotto un profilo puramente grammaticale, significa "gocciola", oppure "stilla del mare" (secondo la lingua ebraica).
Ed è curioso pensare al fatto che gli antichi Egizi fossero propensi ad utilizzare l'espressione ym per indicare propriamente il mare.

Inoltre è interessante notare quanto segue: secondo alcuni biblisti inclini allo studio dell'antico Oriente, il prefisso myr sarebbe di matrice egizia, mentre il suffisso yàm di proprietà ebraica.
Il suffisso yàm, in tal caso, verrebbe tradotto come abbreviazione di Yahweh (Io sono Colui che sono).
E tale interpretazione risulterebbe corretta sul piano filologico e storico.
Se così fosse, Maria potrebbe derivare da un termine egizio (myr) e da un termine ebraico (yàm).
In sintesi: myr - yàm, cioé "amata da Dio".

Purtroppo non posso approfondire il teorema di questa tesi, non avendo il testo davanti.
Ma i biblisti in questione sono rinomati a livello internazionale.

E a questo punto sarebbe lecito porsi una domanda sulla quale riflettere: se alcuni archeologi negano la coesistenza storica degli ebrei e degli egizi, per quale motivo un comunissimo nome ebraico presenterebbe una radice egizia?
antonio crasto
00lunedì 14 settembre 2009 09:12
Collins e Ogilvie-Herald presentano in Appendice 3 “Nomi egiziani presso i leviti” un’analisi di alcuni nomi biblici della famiglia dei Leviti. Secondo gli autori:

- il nome Mosè non deriverebbe dall’ebraico Mōse(h) (trarre – tratto), ma dall’egiziano mose. Nel primo caso il nome sarebbe collegato alla frase “l’ho tratto dalle acque”, mentre nel secondo caso significherebbe “figlio” di una divinità: Thot, Ra, Ah, ecc.;
- il nome Merari (figlio di Levi) non deriverebbe da una parola ebraica-canaanita che significa “amaro”, ma dell’egiziano mrry/mrrì, che significa “amare” o “amato”;
- il nome Fineas (figlio di Eleazar e nipote di Aronne) non deriverebbe da un nome ebraico che significa “bocca di ottone”, ma dall’egiziano p3-nhsy, che significa “quello della Nubia”, indicante una persona dalla pelle scura o originaria di quella regione.


Ritengo dunque molto probabile che la tribù di Levi, uno dei dodici figli del patriarca Giacobbe / Israele, si sia dedicata alla vita sacerdotale, acquisendo una cultura egizia e adottando nomi, culti e divinità egizie. La loro presenza si sarebbe dunque nascosta fra gli alti personaggi della corte e del clero egiziano.
Io ho ipotizzato che Mosè fosse in realtà Ra-mose, visir di Amenhotep III e IV, la cui bellissima tomba nella Valle dei Nobili rimase incompiuta per la “sparizione / fuga” del proprietario.
Dopo l’Esodo i leviti mantengono la loro caratteristica di personaggi sacerdotali, per cui è comprensibile che le tradizioni ebraiche e la stessa religione abbiano preso a larghe mani dalla cultura e religione egizia.
Ho ipotizzato per esempio che il 3761 a.C., anno di origine del calendario ebraico, fosse in realtà l’anno di coincidenza della levata eliaca di Sopedet / Sirio col Solstizio d’Estate, anno in cui Djer, 3° faraone della I dinastia, avrebbe inaugurato il calendario religioso legato alla brillante stella associata a Iside.
antonio crasto
00giovedì 13 febbraio 2020 11:24
Dopo circa 5 anni ho scritto finalmente il mio libro "EBREI in Egitto - Le verità della Bibbia!" , Non è un riepilogo di quanto da me scritto in questi anni, ma un'esposizione nuova e molto convincente.
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