Pur non ritenendo Martin Hel il capolavoro di Robin Wood ne ho una buona considerazione, anche per i motivi citati da Drochaid: non "urlava" la sua profondità, ma usava i materiali di partenza, con cui evidentemente lo sceneggiatore aveva confidenza, per imbastire delle belle e solide trame. Ricordo che un lettore di Lanciostory, forse sacerdote, rilevò ad esempio che i primi dialoghi di un episodio erano citazioni dirette della Bibbia, senza sbandierarlo ai quattro venti.
In Dylan Dog invece c'era sempre questa ricerca dell'effettino facile-facile, del cerchiobottismo (non ricordo in che numero Dylan pensava "Mi sembra di essere in un gioco di ruolo, in cui può succedere di tutto!", evidentemente per arruffianarsi i giocatori ma riducendo l'hobby a una cosa in cui... "può succedere di tutto"
), dell'impegno ostentato per fingersi "impegnato", delle facili strizzatine d'occhio agli adolescenti, della necessità di spiegare tutto...
Ma è anche vero però che sono due mondi diversi di intendere il fumetto, nati in Paesi con tradizioni diverse.