1° Classificata - FORSAKEN DI SOUL MANCINI
- Grammatica e stile: 9.7/10
La grammatica si presenta ineccepibile, tuttavia vi è qualche errorino dovuto alla distrazione che ti segnalo:
[…] Aveva i capelli biondo cenere proprio come i miei, gli occhi grigio-verdi proprio come i miei […] La presenze del secondo proprio come i miei risulta un po’ ridondante e, seppur per un istante, rende un po’ stonata la lettura. -0.10
[…] Mi metteva il voltastomaco […] Le locuzioni italiane impiegate con voltastomaco sono generalmente tre: avere il voltastomaco, dare il voltastomaco o far venire il voltastomaco. -0.10
[…] “Bess, tesoro, ciao!” mi affianco Fanny […] C’è un errore di battitura, affiancò. -0.10
Lo stile è stato fantastico. Come sempre intarsiato di dettagli a cui solo tu potresti pensare – il vinile ascoltato dal lato A, la descrizione del locale, potrei andare avanti per ore –, questo racconto dà piena prova di sé in ogni punto da te narrato: dialoghi, narrazione, attimi descrittivi si susseguono senza dare tregua al lettore, che, seppur non sia una storia che si possa definire corta, si ritrova alla fine senza neanche aver avuto il tempo di comprenderlo.
Un ottimo uso degli incisi, del lessico preciso e mai banalmente dozzinale, eccellente l’utilizzo della punteggiatura che chiarifica il discorso, ottima la partitura dei paragrafi. Ho trovato la storia, dal punto di vista stilistico, forse la migliore di tutto il contest, meraviglioso davvero!
- Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
Mettere un punteggio più basso sarebbe stato blasfemo. Questa storia è intrisa così tanto dei suoi personaggi, che persino il più insignificante di loro, in realtà, presenta una psiche piuttosto approfondita.
Parto fin da subito con la descrizione puntuale della mamma di Bess, una donna che delinei attraverso i ricordi che la bambina possiede di lei: una donna incredibile, bella e ribelle, in cui la bambina non riesce a fare a meno di rispecchiarsi – perché si sa, ai figli piace assomigliare al genitore più casinaro. E questa bellezza esteriore, quest’animo indomabile, se dapprima reliquia d’un dolce ricordo, adesso è diventato un dolore insopportabile da gestire, e questo dolore i membri della famiglia lo vivono in maniera del tutto differente.
Il padre, per esempio. Un personaggio che, agli occhi del lettore, appare come un orrendo egoista, incapace di far fronte all’incubo che sta vivendo; pur perfettamente consapevole – o forse neanche – del dolore delle figlie, non riesce ad essere partecipe come dovrebbe, e si ritrova vittima e carnefice di una situazione che, in realtà, non avrebbe mai voluto vivere. Ammetto, mi ha fatto pena più che rabbia, anche se ciò che ha compiuto non è giustificabile.
E poi c’è la tua protagonista, la tua incredibile Bess, con i tremori, la paura, o forse l’angoscia dettata dal suo sentirsi terribilmente sola. Una bambina, che si ritrova ad affrontare tutto questo, abbandonata dalla sua dolce madre, e perfino dalla sorella e dal padre – la prima per occuparsi di lei, il secondo perché ormai preda d’un vizio ben peggiore. E Bess, cosa fa? Prova a crescere. Una soluzione a cui tutti i bambini cercando di andare incontro, ma il tuo personaggio lo fa nel modo più sbagliato, o forse direi più sbagliato per la società: in fondo, che potrebbe mai fare, una bambina lasciata allo sbando?
E qui appare sullo sfondo una seconda possibilità, un modo per ricominciare: l’Alibi. Ti giuro, ho adorato il nome così evocativo, quasi esplicativo della circostanza: perché noi tutti, con i nostri problemi, con i nostri scheletri nell’armadio, ci sguazziamo nei nostri alibi, creandoci seconde opportunità per poter giustificare i nostri sbagli. Ed è evidente che la tua Bess si senta in questo modo, pronta a rinnegare tutto quello che è stata e che adesso le fa schifo, perché le ricorda il dolore, l’angoscia, il terrore. E lascia tutto questo indietro, andando incontro ad un continuo “cercare altro”, nella vana speranza che quel senso d’impotenza possa, un giorno, sparire. Veramente una grandissima caratterizzazione, complimenti.
Spezzo, infine, una lancia a favore di Yelena. Che gran bel personaggio. Forse il mio preferito. Una dedizione incredibile, così ossessiva da portarla addirittura su una strada che forse lei non avrebbe mai voluto intraprendere. E lo fa solo per aiutare la sorella, muovendosi attraverso la disperazione. Un simbolo, che rappresenta speranza e contemporaneamente panico, voglia di ricominciare e macigni che ti fanno rimanere sempre al punto di partenza.
Eccellente caratterizzazione, bravissima!
- Utilizzo del cliché: 15/15
Anche qui, suppongo sia superfluo dirlo, parametro completamente rispettato. Il cliché impiegato era genitori fantasma, e devo dire che più fantasma di così si muore – e mi rendo conto che forse suona un po’ improprio, visto la fine della madre di Bess. Assistiamo a due figure che aleggiano all’interno della storia, ognuna con la propria assenza: la madre di Bess, che permea tutta la storia di ricordi felici, tuttavia – proprio perché sono felici – fanno male, giacché fa sempre male sapere che qualcosa – o qualcuno – non può più tornare. Una figura positiva che però è intrisa di sensazioni, emozioni negative.
E poi c’è il padre, una figura che il lettore non può fare a meno di biasimare, per via della sua noncuranza, del suo egoismo e di quel vizio che lo portano a dimenticarsi persino delle sue figlie.
Questa storia insegna cosa può accadere a qualcuno che si ritrova, ad undici anni, senza punti di riferimento a cui attingere, senza quella pacca sulla spalla che a volte servirebbe solo a dirti che va tutto bene. E lo sa, Bess, che non va tutto bene, perché invece di cercare di spendere tempo a convincere il padre ad esserci, preferisce nascondersi anche lei, dimenticandosi persino di avere ancora una famiglia. I genitori, quei genitori che ha tanto amato, adesso sembrano di una consistenza quasi inesistente. E tutto ciò è accaduto per sbaglio, per un errore, o forse perché il destino aveva stabilito in questo modo.
Bess è il frutto di qualcosa di mostruoso, e questo cliché ce lo dimostra: per un bambino, ad undici anni, possono esistere anche cose più brutte dei mostri nell’armadio.
Perfetta anche in questo caso, complimenti.
- Gradimento personale: 5/5
Questa storia non mi ha fatto stare bene, per niente. Mi ricorda tanto un episodio della mia infanzia – con l’unica differenza che io avevo tante persone che si sono prese cura di me. Riesco a comprendere pienamente ciò che prova Bess, il suo disagio, la sua non appartenenza a niente, perché alla fine è un po’ così che ti senti quando muore qualcuno di così importante: svuotato, e non hai voglia di reagire, almeno non quando sei così piccolo. Vorresti urlare, dire agli altri che sì, c’è qualcosa di tremendamente sbagliato in questo mondo se un bambino, ad undici anni, deve fare a meno di un genitore. Davvero, un racconto spiazzante e orribilmente attuale, che fa affidamento sulla coscienza del lettore per aiutarlo a comprendere una realtà che dovrebbe essere migliore di quella che è.
Ma poi una frase che mi ha fatto sorridere troppo: Era molto affascinante, Ethan. Ethan ed Ives, oddio! Non ci posso credere, quando me li sono ritrovata tra capo e collo stavo per cadere dalla sedia! Si vede che Bess ha buongusto, brava la ragazza!
Insomma, una storia fantastica, Soul, complimenti!
Totale: 39.7/40
[Modificato da _Vintage_ 19/05/2021 02:05]