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Il CD sta morendo...

Ultimo Aggiornamento: 14/10/2019 21:01
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Ma sarà vero ?

Secondo i dati pubblicati dalla RIAA, il CD ha subito nuovamente una battuta di arresto.
Nel 2017, le vendite erano calate solo del 6,5%. Nella prima metà del 2018, invece, i guadagni si sono dimezzati: ben 41,5%, un ammontare pari a 246 milioni di dollari.

Come sempre, il calderone delle responsabilità è molto ampio. Di base, sul banco degli imputati va messo l’avanzare del tempo: un’evoluzione ne chiama un’altra e, per starle dietro, gli attori in gioco devono adeguarsi e trasformarsi. Altrimenti, si rischia l’oblio.

A livello sociale, è cambiata l’abitudine dei consumatori. Lo streaming e il download (legale o meno) stanno dettando uno strapotere nevralgico nell’industria musicale. Si punta principalmente su piattaforme come Spotify e Apple Music, l’ascolto stesso delle opere da parte del pubblico avviene prevalentemente attraverso questi canali (e Youtube).

Bisogna anche sottolineare che, ormai, non tutta la musica nasce nello stesso modo. Ognuno ha un suo processo creativo nel pubblicare una propria opera: chi rilascia il nuovo brano a mezzanotte sui social, chi fa il famoso “Fuori ovunque” sulle piattaforme musicali, chi si affida a countdown su siti creati appositamente. Sta di fatto che la virtualità sta divenendo più tangibile della fisicità.

Tutto ciò ha cambiato anche il modo in cui il cantante si rapporta al mercato. Adesso sono più importanti i brani rispetto all’album intero. Si parla spesso di tre/quattro nuovi singoli che imperversano online, ma poco dell’LP a cui appartiene. Una prima conferma viene dal grande lavoro di marketing e di videomaking realizzato attorno ogni canzone estratta. Una seconda conferma ci arriva da Spotify stesso: i brani più sponsorizzati hanno ascolti decisamente più alti rispetto agli altri contenuti nel medesimo album, che risultano avere un peso dell’1% ciascuno sul totale dell’ascolto. La stessa Billboard 200 considera gli stream delle singole tracce di un disco come “l’equivalente di un album”.

Infine, una questione che probabilmente raggruppa tutto il nostro discorso: prima si pubblica online. Non solo il singolo, sia chiaro, ma anche l’intero album. Come a dire: “Questo è il mio ultimo lavoro: ascoltalo e poi, se vuoi far parte di quelli che in futuro avranno questo mio cimelio, compralo”. Per far capire anche quant’è cambiato l’atteggiamento del pubblico nei confronti del disco fisico in sé.

UNA TRISTEZZA ASSOLUTA, A MIO PARERE !

Attualmente, c’è una forte scissione nell’industria discografica. Tra chi vede nel disco fisico un personaggio in grado di dire ancora la sua e chi sottolinea l’importanza nevralgica che lo streaming sta giocando nei tempi attuali.


Quando sul finire degli anni '80 il Compact Disc s'impose progressivamente a danno di vinili e musicassette, garantendo una pulizia di suono fino a quel momento mai potuta sperimentare da chi battagliava tra crepitii e fruscio di fondo, nessuno si rese realmente conto di quello che a tutti gli effetti rappresentava il vero tallone d’Achille del nuovo formato, ovvero la facilità estrema con cui chiunque, una volta diffusisi i masterizzatori per computer, poteva duplicare senza alcuna perdita di qualità il disco originale.

A prendersi la ribalta poi ci pensò l’mp3, sdoganato definitivamente con la comparsa del primo ipod nel 2001: trasmutata l'idea del supporto audio in qualcosa di liquido, il mercato discografico cambiò radicalmente. Decine e decine di brani potevano infilarsi in un riproduttore più piccolo di un pacchetto di sigarette, scaricati bellamente in barba a qualsiasi diritto d'autore da diverse piattaforme.

La qualità era modesta, i suoni sottili come fogli di carta, ma la risultanza finale ad orecchie non particolarmente severe sembrava più che accettabile.

Curiosamente, a far da contraltare al declino del CD c'è la resurrezione del vinile, dato per spacciato proprio con l'avvento dei formati digitali. Nulla che possa essere paragonato al boom degli anni '60 e '70, intendiamoci, eppure un fenomeno che si attesta oggi intorno all'11% della produzione discografica italiana (negli USA arriva addirittura al 28%).
[Modificato da marco31768 14/10/2019 21:01]
14/10/2019 21:01
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