Gli Ebrei in Egitto

Ultimo Aggiornamento: 13/02/2020 11:24
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12/09/2009 10:46
 
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Nella Bibbia è citato il nome Ramses ben tre vote.
Una prima quanto il faraone concesse alla tribù di Giacobbe di risiedere nella terra di Ramses, una seconda quando dice che prima dell’Esodo gli Ebrei stavano lavorando per costruire le città deposito di Ramses e Pitom e infine quando afferma che l’Esodo incominciò con l’uscita degli Ebrei da Ramses.
Gli studiosi del 19° secolo ritennero che la prima citazione fosse anacronistica e che le altre due si riferivano alla costruzione della nuova capitale della XIX dinastia, Pi-Ramesse, nel delta orientale del Nilo.
Considerando che la capitale fu spostata a Pi-Ramesse da Ramesse II, si ritenne molto probabile che costui sia stato il faraone che mise ai lavori forzati gli Ebrei e dal quale Mosè scappò rifugiandosi in Madian.
Considerando che il testo biblico parla di un rientro in Egitto dopo la morte del faraone e dopo 40 anni di permanenza nella terra di Madian, la maggior parte degli studiosi considerò Merenptah il faraone dell’Esodo.
La scoperta della stele della Vittoria di Merenptah, nella quale era chiaramente espressa la distruzione del popolo di Israele (Giacobbe) e la conseguente necessità di un certo lasso di tempo per consentire ai personaggi dell’Esodo di crescere, insediarsi in Palestina e diventare minaccioso per l’Egitto, convinse la maggior parte degli studiosi che il faraone dell’Esodo non poteva essere Merenptah e doveva quindi essere visto nel padre, Ramesse II, considerando quindi Sethy I il faraone del giogo.
Alla luce di queste ipotesi gli studiosi ritennero di dover cercare le tracce della conquista della Palestina negli insediamenti datati alla 2° metà del 13 secolo a.C., durante la fine dell’Età del Bronzo.
L’archeologo americano William Foxwell Albright esplorò fra il 1920 e il 1929 diversi insediamenti, cercando i riscontri delle conquiste e distruzioni del popolo ebraico alla guida di Giosuè. Gli insediamenti di Cazor e Lachis presentavano, tra gli altri, tracce di massicce distruzioni e sembravano risultare la testimonianza della verità storica della Bibbia.
L’indagine storica delle vicissitudini della Palestina in quel periodo portarono in seguito a contraddire le affermazioni di Albright, in quanto si constatò che le distruzioni della fine del 13° secolo a.C. erano da attribuire alla poderosa opera di conquista dei Popoli del Mare.
Questa scoperta sembrò far cadere le ipotesi di veridicità della Bibbia e furono pertanto avanzate alcune ipotesi alternative di penetrazione degli Ebrei in Palestina.
I professori dell’Università di Lipsia, Albrecht Alt e Martin Noth ipotizzarono che la Palestina fu occupata dagli Ebrei con una lenta infiltrazione pacifica, grazie a insediamenti di genti seminomade. Inizialmente costoro avrebbero vissuto pacificamente insieme agli abitanti canaaniti, fintanto che la convivenza pacifica fu rotta da scontri militari, originati forse dal necessità di avere nuove terre per pascolare il loro bestiame.
Questa teoria fu però contestata e nel 1962 lo studioso dell’Università del Michigan, George Mendenhall, pubblicò la sua nuova teoria della “rivolta dei contadini”. Egli ipotizzò cioè che dei pastori seminomadi si dissociarono dai feudatari sotto i quali lavoravano (Egitto e terre dell’Asia anteriore) ed emigrarono sugli altopiani della Palestina, costituendo un primo nucleo di comunità autogovernata. Questa confederazione tribale avrebbe in seguito conquistato alcune città della Palestina.
La teoria di Mendenhall fu sostenuta dal professor Norman K. Gottward in quanto oltre a giustificare le scarsissime evidenze archeologiche, teneva conto dell’Esodo di alcune tribù e del loro lungo attraversamento del deserto fino agli altopiani della Palestina.
In accordo con quanto afferma Manetone, il gruppo di pastori seminomade proveniente dall’Egitto avrebbe dovuto accogliere anche gli adoratori dell’Aton, scacciati da Akhetaton, e considerati impuri dopo la restaurazione sancita da Tutankhamon.
Gli studiosi Israel Finkelstein e Neil Asher Silberman sostennero nel loro The Bible Unearthed del 2001 che il gruppo di esuli dall’Egitto poteva essere stato influenzato dai culti eretici atoniani e potrebbe aver costituito il nucleo intorno al quale si formò la nuova popolazione di Israele.
Questa teoria della rivolta di genti seminomadi fu però contrastata intorno agli anni Ottanta e Novanta, grazie alle nuove ricerche archeologiche, che sembravano cancellare l’ipotesi di un Esodo e la conquista della terra di Canaan.
Gli studiosi sostenitori della non veridicità della Bibbia, fra cui Finkelstein e Silberman, videro dunque la formazione del popolo di Israele nello sviluppo di genti indigene degli altopiani meridionali e centrali, durante la Prima Età del Ferro. Lo studio di oltre 250 siti suggerì che i protoisraeliani fossero pastori seminomadi che si trasformarono gradualmente in popolo sedentario e contadino.
Le ipotesi di Finkelstein e Silberman erano però condizionate dalla ricerca di Genti della Prima Età del Ferro e solamente nei territori associati agli israeliti secondo le tradizioni locali. La Bibbia parla invece dell’Esodo alla fine del 15° secolo o agli inizi del 14 secolo a.C. per cui è possibile che i protoisraeliani da loro considerati non fossero i primi antenati degli Ebrei.
Secondo Andrew Collins e Chris Ogilvie-Herald (La cospirazione di Tutankhamen) un riesame del resoconto dell’Esodo racconta una storia differente. La ricerca in luoghi differenti come Elim, l’attuale Eilat, Petra, Kades, la catena di Seir e la terra dei Moabiti e uno studio più approfondito delle usanze ebraiche, sembra testimoniare la presenza del popolo uscito dall’Egitto.
Altre conferme sembrano poi arrivare dallo studio approfondito dei dati storici indicati dalla Bibbia, i quali sembrano non poter essere frutto di un’invenzione, senza alcuna testimonianza diretta in Egitto.
Un confronto fra le religioni e le rispettive scritture sembra poi testimoniare una certa continuità fra esperienza atoniana e prime basi della scrittura e religione ebraica.
Un’ulteriore testimonianza dell’Esodo sembra infine potersi avere dallo studio dei molti insediamenti protoisraeliani trovati negli wadi del Sinai e nel deserto del Negev. Se alcuni di questi insediamenti fossero datati con certezza al 14° secolo a.C. potrebbero costituire la prova definitiva dell’Esodo dall’Egitto e la conferma dei molti abbagli presi dagli studiosi nell’ultimo secolo.


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