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Serbava queste cose, meditandole... (Lc.2,19)

Ultimo Aggiornamento: 29/04/2024 07:50
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26/01/2020 09:01
 
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Gesù percorreva tutta la Galilea»

Rev. D. Josep RIBOT i Margarit
(Tarragona, Spagna)

Oggi, Gesù ci da una lezione di “santa prudenza”, perfettamente compatibile con l’audacia ed il coraggio. Infatti Egli –che non ha paura di proclamare la verità- decide di ritirarsi, venendo a conoscere che –così come avevano fatto con Giovanni Battista- i Suoi nemici vogliono ucciderLo: «Parti e vattene di qui, perché Erode ti vuole uccidere» (Lc 13,31). –Se a Chi passò facendo il bene, i suoi detrattori cercarono di fargli danno, non sorprenderti se anche tu dovrai soffrire persecuzioni, come c'è stato annunciato dal Signore.

«Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea» (Mt 4,12). Sarebbe imprudente sfidare i pericoli senza un motivo proporzionato. Solo nella preghiera possiamo distinguere quando il o la inattività –lasciar passare il tempo- sono indizio di saggezza o di vigliaccheria ed assenza di fortezza. La pazienza, simbolo della pace, aiuta a decidere con serenità nei momenti difficili, se non si perde la visione del soprannaturale.

«Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il Vangelo del Regno e guarendo ogni sorte di malattie e di infermità nel popolo» (Mt 4,23). Nè le minacce, nè la paura a quello che possano dire e criticare gli altri potranno trattenerci di fare il bene. Quelli che sono chiamati ad essere sale e luce, operatori del bene e della verità non possono cedere di fronte al ricatto della minaccia, che, tante volte, non sarà altro che un pericolo ipotetico o semplicemente verbale.

Decisi, audaci, senza cercare scuse per posporre l’azione apostolica per il “poi”. Dicono che «il “poi” è l’avverbio dei vinti». Perciò, san Giuseppemaria raccomandava «una ricetta efficace per il tuo spirito apostolico: progetti concreti, non da sabato a sabato, ma dall’oggi al domani (...)».

Compiere la volontà di Dio, essere giusti in qualunque ambiente e seguire il giudizio della coscienza ben formata esige una fortezza che dobbiamo chiedere per tutti, perché il pericolo della viltà è grande. Chiediamo alla nostra Made del Cielo a realizzare sempre ed in tutto la volontà di di Dio, imitando la sua fortezza sotto la Croce
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27/01/2020 09:57
 
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Chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo, non avrà perdono in eterno»

Rev. D. Vicenç GUINOT i Gómez
(Sant Feliu de Llobregat, Spagna)

Oggi, leggendo il Vangelo del giorno, non finiamo di stupirci –“È allucinante” come si direbbe in gergo popolare-, «Gli scribi, che erano discesi da Gerusalemme», vedono la compassione di Gesù verso la gente ed il Suo potere con cui favorisce gli oppressi, e, nonostante tutto, Gli dicono che «Costui è posseduto da Belzebu e scaccia i demoni per mezzo del capo dei demoni» (Mc 3,22). Realmente si rimane sorpresi vedendo fino a che punto può arrivare la cecità e la malizia umana e in questo caso, da persone dotte. Hanno davanti a loro la Bontà personificata, Gesù, l’umile di cuore, l’unico Innocente, e non se ne accorgono. Si suppone che loro sono gli esperti, quelli che conoscono le cose di Dio per aiutare il popolo e, invece non solo non Lo riconoscono, ma addirittura Lo accusano di diabolico.

Con questo panorama, verrebbe voglia di voltargli le spalle dicendo: «Addio per sempre!». Ma il Signore sopporta con pazienza questo giudizio temerario nei Suoi riguardi. Come ha affermato Giovanni Paolo II, Lui «è un testimone insuperabile di amore paziente e di umile mansuetudine». La Sua condiscendenza senza limiti Lo muove, perfino, a cercare di scuotere i loro cuori per mezzo di parabole e di argomenti ragionevoli. Sebbene, alla fine, nota, con la Sua autorità divina, che questa cecità di cuore è una ribellione contro lo Spirito Santo e che non troverà perdono (cf. Mc 3,39). E non perché Iddio non voglia perdonare, ma perchè, per essere perdonati, bisogna riconoscere prima il proprio peccato.

Come annunciò il Maestro, è lunga la lista dei discepoli che anche hanno sofferto l’incomprensione quando agivano con le migliori intenzioni. Pensiamo, per esempio, a santa Teresa di Gesù, quando cercava di avviare ad una maggior perfezione le sue suore.

Non ci meravigliamo, perciò, se, nella nostra vita, si presentano queste contraddizioni. E’ un indizio che stiamo sulla buona strada. Preghiamo per queste persone e chiediamo al Signore che ci dia pazienza.
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29/01/2020 09:25
 
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«Il seminatore semina la Parola»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)

Oggi, ascoltiamo dalle labbra del Signore la “Parabola del seminatore”. La scena è assolutamente attuale. Il Signore non smette di “seminare”. Anche ai nostri giorni è una moltitudine quella che ascolta Gesù per mezzo del Suo Vicario –il Papa-,dei Suoi ministri e... dei Suoi fedeli laici: a tutti i battezzati Cristo ha conferito una partecipazione alla Sua missione sacerdotale. C’è “fame” di Gesù. Mai come adesso la Chiesa era stata così cattolica, giacché sotto le Sue “ali” ospita uomini e donne dei cinque continenti e di tutte le razze. Egli ci mandò in tutto il mondo (cf. Mc 16,15) e, malgrado le ombre del panorama, è diventato reale il comandamento di Gesù.

Il mare, la barca e le spiagge vengono sostituiti da stadi, schermi e moderni mezzi di comunicazione e di trasporto. Ma Gesù è oggi lo stesso di ieri. Nemmeno ha cambiato l’uomo e la sua necessità di insegnare per poter amare. Anche oggi c’è chi –per grazia o per gratuita scelta divina: è un mistero!- riceve e capisce più direttamente la Parola. Così come ci sono molte anime che hanno bisogno di una spiegazione più descrittiva e più graduale della Rivelazione.

In ogni caso, sia agli uni come agli altri, Dio chiede`frutti di santità.´Lo Spirito Santo ci aiuta in questo, ma non esclude la nostra collaborazione. In primo luogo, è necessaria la`diligenza´. Se uno risponde parzialmente, cioè se si mantiene sul`margine´ del cammino senza entrare completamente in esso, resterà vittima facile di Satana.

Secondo, la `perseveranza nella preghiera´ -il dialogo-,per approfondire nella conoscenza e nell’amore verso Gesù: «Santo senza preghiera...? –Non credo in questa santità» (San Giuseppe Maria).

Infine lo `spirito di povertà e di distacco´ eviterà che “anneghiamo” per il cammino. Le cose chiare: «Nessuno può servire a due padroni...» (Mt 6,24). In Maria Santissima troveremo il miglior modello di corrispondenza alla chiamata di Dio
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30/01/2020 08:04
 
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«Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto?»

Rev. D. Àngel CALDAS i Bosch
(Salt, Girona, Spagna)

Oggi, Gesù ci spiega il segreto del Regno. Usa perfino una certa ironia per mostrarci che la “energia” interna che possiede la Parola di Dio –la sua propria– la forza espansiva che deve estendersi nel mondo intero, è come la luce, e che questa luce non può «essere messa sotto il moggio o sotto il letto» (Mc 4,21).

Possiamo forse immaginare che grado di stupidità umana sarebbe collocare una candela accesa sotto il letto? Cristiani, con la luce spenta o con la luce accesa ma con la proibizione di illuminare! Questo succede quando non mettiamo al servizio della fede la pienezza delle nostre conoscenze e del nostro amore. Risulta decisamente contro natura ripiegarsi egoisticamente su noi stessi, limitando la nostra vita all’ambito dei nostri interessi personali! Vivere sotto il letto! Assenti dello spirito in modo grottesco e tragico!

Il vangelo –al contrario– è un santo slancio di Amore appassionato che vuole comunicarsi che ha bisogno di “dirsi”, che porta con sé una esigenza di crescita personale, di maturità interna, e di servizio agli altri. «Se dici: “Basta!”, sei morto», dice sant’Agostino. E san Josemaría: «Signore, che io abbia peso e misura in tutto… meno nell’Amore».

«‘Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!’. Diceva loro: ‘Fate attenzione a quello che ascoltate’» (Mc 4,23-24). Ma che vuol dire ascoltare? Cosa dobbiamo ascoltare? Questa è la grande domanda che ci dobbiamo porre. È l’atto di sincerità verso Dio che ci esige sapere cosa realmente vogliamo fare. E per saperlo bisogna ascoltare: si deve stare attenti alle insinuazioni di Dio. Bisogna introdursi nel dialogo con Lui. E la conversazione mette fine alle “matematiche della misura”: «Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha» (Mc 4,24-25). Gli interessi accumulati da Dio nostro Signore sono imprevedibili e straordinari. Ed è questo un modo di stimolare la nostra generosità.
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01/02/2020 08:57
 
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«Perché avete paura? Non avete ancora fede?»

Rev. D. Joaquim FLURIACH i Domínguez
(St. Esteve de P., Barcelona, Spagna)

Oggi, il Signore rimprovera i suoi discepoli per la loro mancanza di fede: <> (Mc 4,40). Gesù aveva già dimostrato con sufficienti prove di essere l’Inviato e tuttavia non credono ancora. Non si rendono conto che, avendo con loro lo stesso Signore, non hanno nulla da temere. Gesù fa un chiaro parallelismo tra “fede” e “coraggio”.

In un’altro brano del Vangelo, di fronte a una situazione in cui gli Apostoli dubitano, si dice che loro non potevano credere perchè non avevano ricevuto lo Spirito Santo. Il Signore avrà bisogno di molta pazienza per continuare a insegnare ai primi tutto quello che loro ci insegneranno dopo, e quello di cui saranno testimoni forti e coraggiosi.

Sarebbe bello che anche noi ci sentissimo “rimproverati”. Per un motivo in più!: noi abbiamo ricevuto lo Spirito Santo che ci permette di capire veramente come il Signore è con noi nel cammino della vita, se veramente cerchiamo di fare sempre la volontà del Padre. Oggettivamente, non abbiamo nessun motivo per essere codardi. Egli è l’unico Signore dell’Universo, perché <> (Mc 4,41), come affermano ammirati i discepoli.

Allora, cos’è ciò che mi spaventa? Sono motivi così gravi da mettere in dubbio il potere infinitamente grande come l’Amore che il Signore ha per noi? Questa è la domanda con cui i nostri fratelli martiri hanno saputo rispondere, non con parole, ma con la propria vita. Come tanti fratelli nostri che, con la grazia di Dio, ogni giorno fanno di ogni contraddizione un passo avanti nella crescita della fede e della speranza. E noi, perché no? Non sentiamo dentro di noi il desiderio di amare il Signore con tutto il pensiero, tutte le nostre forze e con tutta l’anima?

Uno dei grandi esempi di coraggio e di fede, ce l’abbiamo in Maria, Aiuto dei cristiani, Regina dei confessori. Ai piedi della croce seppe mantenere in piedi la luce della fede... che diventò risplendente nel giorno della resurrezione!
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02/02/2020 09:24
 
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«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza»

Rev. D. Lluís RAVENTÓS i Artés
(Tarragona, Spagna)

Oggi, sopportando il freddo dell’inverno, Simeone aspetta l’arrivo del Messia. Cinquecento anni prima, quando si cominciava a costruire il Tempio, ci fu una penuria tale che i costruttori si scoraggiarono. Fu allora quando Aggeo profetizzò: «La gloria futura di questa casa sarà più grande di quella di una volta, dice il Signore degli eserciti; in questo luogo porrò la pace» (Agg 2,9); e aggiunse «Affluiranno qui le ricchezze di tutte le genti» (Agg 2,7). Frase che ammette diversi significati: «il più apprezzato» diranno alcuni, «il desiderato da tutte le nazioni», affermerà san Geronimo.

A Simeone «lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore» (Lc 2,26), ed oggi, «mosso dallo Spirito», è salito al Tempio. Lui non è levita, nè scriba, nè dottore della Legge, è solo un povero uomo «giusto e pietoso che aspettava la consolazione d’Israele» (Lc 1,25). Ma lo Spirito soffia lì dove vuole (cf. Gv 3,8).

Adesso comprova con sorpresa che non c´è stata nessuna preparazione; non si vedono bandiere nè ghirlande, nè scudi da nessuna parte. Giuseppe e Maria attraversano lo spiazzo portando il Bambino tra le braccia. «Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi, soglie antiche, ed entri il re della gloria!» (Sal 24,7), canta il salmista.

Simeone si fa avanti, con le braccia tese per salutare la Madre, riceve il Bambino e benedice Dio dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele» (Lc 2,29-32).

Dice poi a Maria: «e anche a te una spada trafiggerà l’anima!» (Lc 2,35). «Madre, -dirò rivolgendomi alla Vergine- quando arriverà il momento di andare alla casa del Padre, portami tra le tue braccia, come portavi Gesù, perché anch’io sono figlio tuo e bambino!».
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03/02/2020 07:42
 
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«Esci, spirito impuro, da quest’uomo!»

Rev. D. Ramon Octavi SÁNCHEZ i Valero
(Viladecans, Barcelona, Spagna)

Oggi, ci troviamo con un frammento del Vangelo che può suscitare un sorriso a più di una persona. Immaginare circa duemila maiali precipitando giù dalla montagna, risulta uno spettacolo un po’ comico. In verità, però, è che ai porcai non dovette sembrare una situazione gradevole, si arrabbiarono molto e chiesero a Gesù che se ne andasse dal loro territorio.

L’atteggiamento di quei porcai, anche se umanamente potrebbe sembrare logico, risulta francamente riprovevole: avrebbero preferito vedere i propri animali a salvo, anziché la guarigione dell’indemoniato. Ossia anteporre i beni materiali, che ci procurano soldi e benessere, alla vita degna di un uomo che non è dei “nostri”. Perché colui che si trovava dominato da uno spirito maligno era solamente una persona che «continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre» (Mc 5,5).

Noi frequentemente corriamo il pericolo di afferrarci a quello che è nostro, e ci affliggiamo quando perdiamo quello che è solo materiale. Così, per esempio, il contadino si dispera quando perde un raccolto, sebbene l’abbia assicurato, o chi gioca in borsa, che ha la stessa attitudine, quando le sue azioni perdono parte del loro valore. Molto poco invece si rattristano vedendo la fame e l’insicurezza di tanti esseri umani, alcuni dei quali vivono accanto a noi.

Gesù antepose sempre le persone, perfino prima delle leggi e dei poderosi del suo tempo. Noi, invece, troppe volte, pensiamo solo a noi stessi ed in quelli che crediamo possano offrirci felicità, sebbene l’egoismo non apporta mai la felicità. Come direbbe il vescovo brasiliano Helder Camara: «L’egoismo è la fonte più infallibile d’infelicità per se stessi e per quelli che ci circondano».
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06/02/2020 09:01
 
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Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due (...) Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse»

+ Rev. D. Josep VALL i Mundó
(Barcelona, Spagna)

Oggi, il Vangelo parla della prima delle missioni apostoliche. Cristo invia i dodici a predicare a curare ogni sorta di ammalati e a preparare i cammini della salvazione definitiva. Questa è la missione della Chiesa e, anche quella , di ogni cristiano. Il Concilio Vaticano II affermò che «la vocazione cristiana implica, come tale, la vocazione all’apostolato. Nessun cristiano ha una funzione passiva. Per cui, chi non cercasse la crescita del corpo sarebbe, perciò stesso, inutile per tutta la Chiesa, come per se stesso».

Il mondo attuale ha bisogno –come diceva Gustavo Thibon- di un “supplemento di anima” per poterlo rigenerare. Solamente Cristo, con la Sua dottrina, è medicina per le malattie di tutto il mondo. Questo ha le sue crisi. Non si tratta soltanto di una parziale crisi morale o di valori umani: è una crisi dell’insieme; e l’espressione più precisa per definirla è quella di una “crisi dell’anima”.

I cristiani, con la grazia e la dottrina di Gesù, ci troviamo in mezzo alle strutture temporali per vivificarle e dirigerle verso il Creatore: «Che il mondo, per la predicazione della Chiesa, ascoltando possa credere, credendo possa sperare e sperando possa amare» (Sant’Agostino). Il cristiano non può fuggire da questo mondo. Così, come scriveva Bernanos «Ci hai lanciato in mezzo alla massa, in mezzo alle moltitudini, come lievito; riconquisteremo palmo a palmo, l’universo che il peccato ci ha carpito; Signore, Te lo restituiremo esattamente come lo ricevemmo in quel primo mattino di tutti i tempi, in tutto il suo ordine e in tutta la sua santità».

Uno dei segreti consiste nell’amare il mondo con tutta l’anima e vivere con amore la missione affidata da Cristo agli Apostoli e a tutti noi. Detto con parole di San Giuseppe Maria, «l’apostolato è amore di Dio, che trabocca, dando sé stessi agli altri (...). E l’ansia di apostolato è l’espressione precisa, adeguata e necessaria della vita interiore». Questo dev'essere il nostro testimonio giornaliero tra gli uomini e nel trascorso di tutte le epoche.
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07/02/2020 09:42
 
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«Il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso»

Rev. D. Ferran BLASI i Birbe
(Barcelona, Spagna)

Oggi, in questo brano di Marco, ci parla del prestigio di Gesù –conosciuto per i Suoi miracoli ed insegnamenti-. Era tale questo prestigio, che, per alcuni, si trattava del parente e precursore di Gesù, Giovanni il Battista, che sarebbe risuscitato fra i morti. E così lo voleva immaginare Erode, che lo aveva fatto uccidere. Però questo Gesù era molto di più degli altri uomini di Dio: più di quel Giovanni; più di qualunque profeta che parlavano nel nome dell’Altissimo: Lui era il Figlio di Dio fatto uomo, Perfetto Dio e Perfetto Uomo. Questo Gesù –presente tra noi-, come uomo ci può capire e, come Dio, ci può concedere tutto quello di cui abbiamo bisogno.

Giovanni, il precursore, che era stato mandato da Dio prima di Gesù, con il suo martirio Lo precede anche nella Sua passione e morte. E’ stata anche una morte ingiustamente inflitta ad un uomo santo, da parte del tetrarca Erode, certamente controvoglia, poiché lo apprezzava e lo ascoltava con rispetto. Ma, dopo tutto, Giovanni era stato chiaro e determinato verso il re, quando gli rimproverava la sua condotta meritevole di disapprovazione, perché non gli era lecito aver preso Erodia come sposa, la moglie di suo fratello.

Erode aveva accondisceso alla richiesta rivoltagli dalla figlia di Erodia, spinta da sua madre, quando in un banchetto –dopo la danza che aveva compiaciuto il re- davanti agli invitati, giurò alla danzatrice dargli ciò che gli avesse chiesto. «Che cosa devo chiedere?» domanda a sua madre che le risponde: «La testa di Giovanni il Battista» (Mc 6,24). Così il reuccio fa esecutare il Battista. Era quello un giuramento che in nessun modo lo obbligava, giacché si trattava di una cosa assolutamente ingiusta, contraria alla giustizia e alla coscienza.

Ancora una volta, l’esperienza insegna che una virtù deve essere unita a tutte le altre, e che tutte devono crescere organicamente, come le dita di una mano. Ma l’esperienza insegna anche che quando si incorre in un vizio, segue poi la processione degli altri.
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08/02/2020 10:58
 
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«Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’. Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare»

Rev. D. David COMPTE i Verdaguer
(Manlleu, Barcelona, Spagna)

Oggi, il Vangelo ci presenta una situazione, una necessità ed un paradosso che sono molto attuali.

Una situazione. Gli Apostoli sono “stressati”: «Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare» (Mc 6,31). Frequentemente anche noi ci vediamo coinvolti nelle stesse situazioni. Il lavoro esige buona parte delle nostre energie; la famiglia, dove ogni membro vuole palpare il nostro amore; le altre attività nelle quali ci siamo impegnati, che ci fanno bene e, alla volta, beneficiano agli altri...Volere è potere? Forse è più ragionevole riconoscere che non possiamo tutto quello che vorremmo.

Una necessità. Il corpo, la testa, il cuore reclamano un diritto: il riposo. In questi versicoli abbiamo un manuale frequentemente ignorato, sul riposo. Lì risalta la comunicazione. Gli Apostoli «Gli riferirono tutto quello che avevano fatto» (Mc 6,30). Comunicazione con Dio, seguendo il filo dal più profondo del nostro cuore. Quale sorpresa! Troviamo Dio che ci aspetta. E aspetta trovarci con le nostre stanchezze.

Gesù dice loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto e riposatevi un po’» (Mc 6,31). Nel progetto di Dio c’è un posto per il riposo! Anzi, la nostra esistenza, con tutto il suo peso, deve riposare in Dio. Lo scoprì l’irrequieto Agostino: «Ci hai creati per te ed il nostro cuore è inquieto fino a quando non riposi in Te». Il riposo di Dio è creativo; non è “anestesico”; incontrarci con il Suo amore centra il nostro cuore ed i nostri pensieri.

Un paradosso. La scena del Vangelo finisce “male”: i discepoli non possono riposare. Il progetto di Gesù fallisce: sono abbordati dalla gente. Non hanno potuto “staccare”. Noi, frequentemente, non riusciamo a liberarci dai nostri doveri (figli, coniuge, lavoro...): sarebbe come tradirci! E’ imprescindibile, allora, trovare Dio in queste realtà. Se c´è comunicazione con Dio, se il nostro cuore riposa in Lui, riusciremo a relativizzare tensioni inutili...e la realtà –spoglia di chimere- mostrerà meglio l’impronta di Dio. In Lui, troveremo il nostro riposo.
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09/02/2020 09:56
 
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«Voi siete la luce del mondo»

Rev. D. Josep FONT i Gallart
(Tremp, Lleida, Spagna)

Oggi, il Vangelo ci fa un solenne richiamo ad essere testimoni di Cristo; e ci invita ad esserlo in due modi, apparentemente, contraddittori: come il sale e come la luce.

Il sale no lo si vede , ma ce se ne accorge: condisce, rende il cibo allettante. Ci sono molte persone che “non si lasciano vedere, perchè sono come “formichine” che non cessano di lavorare e di fare il bene. Accanto ad esse si può degustare la pace, la serenità, l’allegria. Hanno –come si suol dire oggi- “buone radiazioni”.

La luce non la si può nascondere. Ci sono persone che “vengono scorte da lontano”: Santa Teresa di Calcutta, il Papa, il Parroco di un paesello. Occupano posti importanti per la loro posizione di preminenza o concretamente per il loro ministero. Sono “sul candelabro”. Come dice il Vangelo di oggi, “sopra un monte” o “sul candelabro” (cf.Mt 5,14-15).

Tutti siamo chiamati ad essere sale e luce. Gesù stesso fu “sale” durante trent’anni di vita occulta a Nazaret. Dicono che san Luigi Gonzaga, al domandarglisi, mentre giocava, che cosa farebbe se sapesse che in breve dovesse morire, rispose: «Continuerei a giocare. Continuerebbe a fare la vita normale di ogni giorno, rendendo piacevole la vita ai compagni di gioco.

Delle volte siamo chiamati ad essere luce; e lo siamo realmente quando professiamo la nostra fede in certi momenti difficili. I martiri sono dei grandi luminari; ed oggi, in certi ambienti, il semplice fatto di andare a messa, è già un motivo di scherno. Andare a Messa è già di per sè “luce”. E la luce la si vede sempre, anche se assai piccola Una piccola luce può cambiare una notte.

Chiediamo al Signore gli uni gli altri, affinchè sappiamo essere sempre sale, sappiamo essere sempre luce quando sia necessario di esserlo. Che il nostro agire di ogni giorno sia tale che, vedendo le nostre opere buone, la gente renda gloria al Padre del cielo (cf.Mt 5,16).
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10/02/2020 08:57
 
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«Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe»

Rev. D. Joaquim MONRÓS i Guitart
(Tarragona, Spagna)

Oggi, contempliamo la fede degli abitanti di quella regione dove arrivò Gesù per portare la salvezza delle anime. Il Signore è padrone dell’anima e del corpo, per questo non esitavano a portargli i loro ammalati: "e quanti lo toccavano guarivano" (Mc 6,56). Abbiamo oggi, come sempre, malati dell'anima e del corpo. Dobbiamo mettere tutti i mezzi umani e soprannaturali per avvicinare i nostri parenti, amici e conoscenti al Signore. Possiamo farlo, in primo luogo, pregando per loro, chiedendo la loro salute spirituale e fisica. Se c'è una malattia del corpo, non esitiamo ad informarci se vi è un trattamento adeguato, se ci sono persone in grado di curarla, ecc.

Quando si tratta di una "malattia" dell'anima (di solito palpabile esternamente), come è possibile che un figlio, un fratello, un genitore non assista alla Messa della domenica, oltre a pregare conviene parlargli del rimedio, forse trasmettendogli con parole un pensiero o qualche orientazione o motivazione che possiamo noi stessi estrarre dal Magistero (ad esempio, dalla Lettera Apostolica “Il giorno del Signore” di Giovanni Paolo II, o da uno qualsiasi dei punti del “Catechismo della Chiesa”).

Se il fratello "malato" è qualcuno riconosciuto come autorità pubblica che giustifica o mantiene una legge ingiusta -come la depenalizzazione dell'aborto-, non dubitiamo, -oltre a pregare-, nel cercare l'opportunità di trasmettergli -verbalmente o per iscritto-, il nostro testimonio circa la verità.

«Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,20). Ognuno ha bisogno del Salvatore. Quando non vanno a Lui è perché non lo hanno ancora riconosciuto, forse perché noi non abbiamo ancora saputo annunciarlo. Il fatto è che, nel momento che lo riconoscevano, «deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello» (Mc 6,56). Gesù guariva tanto o di più quando c’erano alcuni che “collocavano” (mettevano a portata di mano del Signore) quelli che necessitavano il rimedio più urgentemente
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11/02/2020 08:32
 
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«Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi?»

Rev. D. Iñaki BALLBÉ i Turu
(Terrassa, Barcelona, Spagna)

Oggi, contempliamo come alcune tradizioni tardive dei maestri della Legge avevano manipolato il vero senso del quarto comandamento della Legge di Dio. Quegli scribi insegnavano che i figli che offrivano al Tempio danaro e beni facevano la cosa migliore. Secondo questo insegnamento, accadeva che i genitori non potevano più disporre di tali beni. I figli, formati in questa coscienza erronea, credevano di aver compiuto così il quarto comandamento, anzi, di averlo compiuto nella forma migliore. In realtà, però, si trattava di un inganno.

«Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione!» (Mc 7,9): Gesù Cristo è l’interprete autentico della Legge; perciò spiega il vero senso del quarto comandamento, correggendo il lamentevole errore del fanatismo giudeo.

«Mosè infatti disse: Onora tuo padre e tua madre» (Mc 7,10): il quarto comandamento ricorda ai figli le responsabilità che hanno verso i loro genitori. D’accordo alle loro possibilità, devono offrire loro l’aiuto materiale e morale negli anni della vecchiaia e nei periodi di malattie, di solitudine o difficoltà. Gesù ricorda questo dovere di riconoscenza.

Il rispetto verso i genitori (amore filiale) deriva dalla riconoscenza che dobbiamo avere verso di loro per il dono della vita e per i lavori svolti con fatica per i loro figli, perché questi potessero crescere in età, in scienza ed in grazia. «Onora tuo padre con tutto il cuore e non dimenticare le doglie di tua madre. Ricorda che essi ti hanno generato: che cosa darai loro in cambio di quanto ti hanno dato?» (Sir 7,27-28).

Il Signore glorifica il padre nei suoi figli, ed in essi riafferma il diritto della madre. Chi onora il padre, viene purificato dei suoi peccati; chi rende gloria alla madre è somigliante a colui che accumula un tesoro (cf.Sir 3,2-6). Tutti questi consigli ed altri ancora, sono come una luce chiara nella nostra vita nei riguardi dei nostri genitori. Chiediamo al Signore la grazia che non venga mai a mancare il vero amore che dobbiamo avere verso i genitori e sappiamo, con l’esempio, trasmettere agli altri questo dolce “dovere”.
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12/02/2020 08:55
 
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«Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro»

Rev. D. Norbert ESTARRIOL i Seseras
(Lleida, Spagna)

Oggi, Gesù ci insegna che tutto quello che viene da Dio è buono. E’ piuttosto la nostra intenzione non retta ciò che può contaminare quello che facciamo. Perciò Gesù dice: «Non c’è nulla fuori dall’ uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro» (Mc 7,15). L’esperienza dell’offesa a Dio è una triste realtà. E facilmente, il cristiano scopre questa impronta profonda del male e vede un mondo schiavo del peccato. La missione che Gesù ci affida è quella di pulire –con l’aiuto della Sua grazia- tutte le contaminazioni che le cattive intenzioni degli uomini hanno introdotto in questo mondo.

Il Signore ci chiede che tutta la nostra attività umana venga svolta bene: Lui spera che in tale attività mettiamo forza, ordine, scienza, competenza, ansietà di perfezione, non aspirando ad altro che a restaurare il progetto creatore di Dio, che ha fatto tutto bene per il bene dell’uomo: «Purezza d’intenzione. –L’avrai se, sempre ed in tutto, cerchi solamente di far piacere a Dio» (San Josemaría).

Solo la nostra volontà può rovinare il progetto divino, per cui bisogna essere vigilanti affinché questo non succeda. Molte volte intervengono la vanità, l’amor proprio, lo scoraggiamento per mancanza di fede, l’impazienza al non ottenere i risultati attesi, ecc. Perciò ci avvertiva San Gregorio Magno: «Non lasciamoci ingannare da una lusinghiera prosperità, perché è un viaggiatore sciocco colui che si ferma per strada a contemplare un bel paesaggio dimenticando il punto di arrivo».

Converrà, perciò, stare attenti all’offrire le nostre azioni, conservare la presenza di Dio e riflettere con frequenza la nostra filiazione divina, in modo tale, che tutto il nostro giorno –con preghiera e lavoro- prenda forza e cominci nel Signore e che tutto quello che abbiamo cominciato per Lui giunga a termine.

Possiamo fare grandi cose se riflettiamo che ognuno dei nostri atti umani è corredentore quando è unito agli atti di Cristo
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13/02/2020 09:30
 
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«Andò e si gettò ai suoi piedi... Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia»

Rev. D. Enric CASES i Martín
(Barcelona, Spagna)

Oggi, ci viene mostrata la fede di una donna che non apparteneva al popolo eletto, ma che aveva fiducia in che Gesù avrebbe potuto curare sua figlia. Infatti quella madre era pagana «di lingua greca e di origine siro-fenicia. Ella le supplicava di scacciare il demonio da sua figlia» (Mc 7,26). Il dolore e l’amore la spingono a chiedere con insistenza, senza badare ne a disprezzi, ne a indugi ne a indegnità. E ottiene quello che chiede, infatti «Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n’era andato» (Mc 7,30).

Sant’Agostino dice che molti non ottengono quello che chiedono perché sono «aut mali, aut male, aut mala». O sono cattivi, e la prima cosa che dovrebbero chiedere è di essere buoni; oppure chiedono in una forma impropria, senza costanza, invece di farlo con pazienza, con umiltà, con fede e per amore; oppure chiedono cose disonorevoli, che se fossero ottenute, sarebbero dannose all’anima o al corpo o agli altri. Bisogna, dunque, cercare di chiedere correttamente. La donna siro-fenicia è una buona madre, sa chiedere bene («venne e si prostrò ai Suoi piedi» e chiede una cosa buona («che scacciasse da sua figlia il demonio»).

Il Signore ci invita ad usare con perseveranza la preghiera di richiesta. Indubbiamente esistono altri generi di preghiere –di adorazione, di riparazione, la preghiera di ringraziamento- ma Gesù insiste perché usiamo con molta più frequenza la preghiera di richiesta.

Perché? I motivi potrebbero essere molti: perché abbiamo bisogno dell’aiuto divino per raggiungere il nostro fine; perché esprime speranza e amore; perché è un grido di fede. Esiste, però, una preghiera che non è presa molto in considerazione. Dio vuole che le cose siano un po’ come noi vogliamo. In questo modo, la nostra richiesta –che è un atto libero- unita alla libertà onnipotente di Dio, fa che il mondo sia come lo vuole Lui ed un po’ come lo vogliamo noi. Così meraviglioso è il potere della preghiera!
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14/02/2020 08:23
 
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«Il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé (...) dove stava per recarsi»

Fray Josep Mª MASSANA i Mola OFM
(Barcelona, Spagna)

Oggi, è la festa dei santi Cirillo e Metodio, fratelli nel sangue e Patroni d' Europa. Furono missionari ed evangelisti in una gran parte della geografia europea. Prepararono testi liturgici in lingua slava, scritti in caratteri chiamati più tardi “cirillico”.

Il Vangelo si collega con questi grandi missionari, poiché Gesù, inviato dal Padre e dallo Spirito- attorno suo formò missionari e gli inviò. Egli mandò i dodici apostoli e i settantadue discepoli. Il primi potrebbero rappresentare sacerdoti e consacrati a Dio con i voti religiosi. Chi sarebbero i settantadue discepoli? Tutti i cristiani. Gesù ci manda tutti quanti. Ognuno di noi è un messaggero, uno dei suoi missionari.

Forse dovremmo ripeterci più spesso che Gesù ci invia (tanto se siamo dei dodici come dei settantadue). Ciascuno nel suo appezzamento e sul compito specifico della missione che ci è affidata.

Qual’è la nostra missione e il messaggio che portiamo da parte di Gesù? Dobbiamo annunciare il Regno e proclamare la pace «Pace a questa casa!; e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”». (Lc 10, 5-9 ). San Francesco lo riassumeva in due parole «¡Pace e Bene!». E, quando siamo missionari? Quando la nostra vita a casa, nel lavoro e ovunque, porta la pace e la bontà di un cuore riconciliato. Si tratta di una testimonianza che dobbiamo dare, a volte con le parole, e sempre con il nostro comportamento di cristiani.

I Santi Cirillo e Metodio hanno riconosciuto che questa vocazione e missione sono un dono di Dio. Cirillo espresso questo pregando: «E' tuo dono infatti l' averci scelti a predicare il Vangelo del tuo Cristo, a incitare i fratelli alle buone opere e a compiere quanto ti è gradito».

Speriamo che, per l' intercessione dei santi Patroni d' Europa, siamo missionari fedeli di Cristo!
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15/02/2020 07:12
 
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«Non hanno da mangiare»

Rev. D. Carles ELÍAS i Cao
(Barcelona, Spagna)

Oggi, tempo di ostilità e di ansietà, anche Gesù ci chiama per dirci che sente «compassione per la folla» (Mc 8,2). Oggi con la crisi di pace che si soffre, può crescere la paura, l’apatia, il ripiego alla banalità ed all’evasione: « Non hanno da mangiare».

Il Signore chi chiama? Dice il testo: «i discepoli» (Mc 8,1), -cioè sta chiamando me- affinché non se ne vadano digiuni, per dar loro qualcosa. Gesù ha avuto compassione –questa volta in terra di pagani- perché hanno fame.

Ah! e noi –rifugiati nel nostro piccolo mondo- diciamo di non poter far niente. «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?» (Mc 8,4). Da dove prenderemo una parola di speranza sicura e forte, sapendo che il Signore sarà con noi ogni giorno, fino alla fine dei tempi? Come dire ai credenti ed agli increduli che la violenza e la morte non risolvono niente?

Oggi il Signore ci domanda, semplicemente, quanti pani abbiamo. Quelli che ci sono, di questi ha bisogno. Il testo dice «sette», un numero simbolico per i pagani come il numero dodici lo era per il popolo giudeo. Il Signore vuole raggiungere tutti –perciò la Chiesa vuole riconoscersi dalla sua cattolicità- e chiede il tuo aiuto. Offri la tua preghiera: è un pane! Offri la tua Eucarestia vissuta: è un altro pane. Offri la tua decisione di riconciliazione con i tuoi, con quelli che ti hanno offeso: è un altro pane. Offri la tua riconciliazione sacramentale con la Chiesa: è un altro pane ancora! Offri il tuo piccolo sacrificio, il tuo digiuno, la tua solidarietà: è un altro pane! Offri al Signore il tuo amore alla Sua Parola che ti offre forza e conforto: è un altro pane! OffriGli, infine, qualunque cosa Egli ti chieda, sebbene tu pensi che sia solo un semplice pezzo di pane.

Come ci dice san Gregorio di Nissa: «chi condivide il suo pane con i poveri diventa parte di Colui che, per noi, volle essere povero. Il Signore fu povero, non aver, dunque, paura della povertà».

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16/02/2020 16:43
 
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«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti»

Pe. Givanildo dos SANTOS Ferreira
(Brasilia, Brasile)

Oggi, Gesù ci dice «Non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento» (Mt 5,17). Che cosa è la Legge? Che sono i Profeti? Per Legge e Profeti, sono considerati due gruppi diversi tra i libbri dell’Antico Testamento. La Legge fa riferimento agli scritti attribuiti a Mosè; i Profeti, come indica il proprio nome, sono gli scritti dei profeti e i libri sapienziali.

Nel Vangelo di oggi, Gesù ci riferisce a ciò che consideriamo la sintesi del codice morale dell’Antico Testamento, i comandamenti della Legge di Dio. Secondo il pensiero di Gesù, la Legge non è composta soltanto da principi meramente esterni. No. La Legge non è una imposizione venuta dall’esterno. Piuttosto il contrario. Infatti, la legge di Dio corrisponde all'ideale di perfezione che è nel cuore di ogni uomo. Questo è il motivo per cui chi compie i comandamenti si sente realizzato non solo nelle sue aspirazioni umane, ma raggiunge anche la perfezione del cristianesimo, o, in parole di Gesù, raggiunge la perfezione del regno di Dio: «Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli» (Mt 5,19).

«Ma io vi dico» (Mt 5,22). Il compimento della legge non viene riassunto nella lettera, visto che “la lettera uccide, ma lo Spirito dà vita” (2 Cor 3,6). E' in questo senso che Gesù presenta la sua autorità per interpretare la Legge nel suo vero spirito. Nell’interpretazione di Gesù, la Legge è prorogata fino alle ultime conseguenze. Il rispetto per la vita è legato all’eliminazione dell’odio, della vendetta e dell’offesa; la castità del corpo passa per la fedeltà e per la indissolubilità, la verità della parola data passa per il rispetto ai patti. Nell’adempiere della Legge, Gesù «Svela anche pienamente l' uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione» (Concilio Vaticano II).

L' esempio di Gesù ci invita alla perfezione della vita cristiana che rende in azioni ciò che viene predicato in parole.
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20/02/2020 08:21
 
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«La gente, chi dice che io sia? (...) Ma voi, chi dite che io sia?»

Rev. D. Joan Pere PULIDO i Gutiérrez
(Sant Feliu de Llobregat, Spagna)

Oggi, continuiamo ad ascoltare la Parola di Dio aiutati dal Vangelo di San Marco. Un Vangelo che ha uno scopo ben chiaro: scoprire chi è questo Gesù di Nazaret. Marco ci ha offerto, con i suoi testi, la reazione di diversi personaggi di fronte a Gesù: i malati, i discepoli, gli scribi e i farisei. Oggi interpella direttamente ciascuno di noi: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Mc 8,29).

Certamente noi che ci chiamiamo cristiani abbiamo il dovere fondamentale di scoprire la nostra identità per dar ragione della nostra fede, cercando di essere buoni testimoni con la vita. Questo dovere ci obbliga a trasmettere un messaggio chiaro e comprensibile ai nostri fratelli e sorelle che possono trovare in Gesù una Parola di Vita che dia senso a tutto ciò che pensano, dicono e fanno. Ma in questa testimonianza dobbiamo cominciare ad essere noi stessi consapevoli del nostro incontro personale con Lui. Giovanni Paolo II, nella sua Lettera apostolica “Novo millennio ineunte”, ci scrisse: «La nostra testimonianza sarebbe insopportabilmente povera, se noi per primi non fossimo contemplatori del suo volto».

San Marco, con questo testo, ci offre un buon cammino per contemplare Gesù. In primo luogo, Gesù ci chiede cosa dice la gente di Lui; e potremmo rispondere, come i discepoli: Giovanni il Battista, Elia, un personaggio importante, buono, attraente. Una risposta buona, senza dubbio, ma ancora lontana dalla Verità di Gesù. Egli ci chiede: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Mc 8,29). È la domanda della fede, del coinvolgimento personale. Troveremo la risposta solo nell’esperienza del silenzio e della preghiera. È il cammino di fede che fa Pietro e che dobbiamo fare anche noi.

Fratelli e sorelle, sperimentiamo nella preghiera la presenza liberatrice dell’amore di Dio presente nella nostra vita. Egli continua a fare alleanza con noi con chiari segni della sua presenza, come con quell’arcobaleno messo sulle nubi promesso a Noè.
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22/02/2020 07:52
 
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«E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)

Oggi, celebriamo la Cattedra di San Pietro. Fin dal IV secolo, con questa celebrazione si vuole far risaltare il fatto che –come un dono di Gesù Cristo per noi- l’edificio della sua Chiesa si appoggia sul Principe degli Apostoli, il quale gode di un aiuto divino particolare per eseguire questa missione. Così lo manifestò il Signore in Cesarea di Filippo: «Io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16,18). In effetti, «soltanto Pietro è scelto perché sia preposto all'economia divina, che chiama tutte le genti alla salvezza, e sia il capo di tutti gli Apostoli e di tutti i padri della Chiesa» (San Leone Magno).

Fin dall’inizio, la chiesa si ha beneficiato del ministero petrino in modo tale che san Pietro e i suoi successori hanno presieduto la carità, sono stati fonte di unità e, molto specialmente, hanno avuto la missione di confermare nella verità i loro fratelli.

Gesù, una volta risorto, confermò questa missione a Simone Pietro. Lui, che profondamente pentito aveva già pianto la sua triplice negazione davanti a Gesù, ora fa una triplice manifestazione d’amore: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene» (Gv 21,17). Allora, l’Apostolo vide con sollievo come Gesù Cristo non si disdisse di lui e, per tre volte, lo confermò nel ministero che le era stato annunciato prima: «Pasci le mie pecore» (Gv 21, 16.17).

Questa potestà non è per merito proprio, come neanche lo fu la dichiarazione di fede di Simone in Cesarea: «Perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli» (Mt 16,17). Si, si tratta di un’autorità con potestà suprema ricevuta per servire. È per questo che il Romano Pontefice, quando sigla i suoi scritti, lo fa sempre con il seguente titolo onorifico: Servus servorum Dei.

Si tratta, per tanto, di un potere per servire la causa dell’unità fondata sulla verità. Facciamo il proposito di pregare per il Successore di Pietro, di prestare attento dono alle sue parole e di ringraziare Dio per questo grande regalo.
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23/02/2020 09:25
 
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«Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste»

Rev. P. José PLAZA Monárdez
(Calama, Cile)

Oggi, la Parola di Dio ci insegna che la fonte originale e la misura della santità si trovano in Dio: «siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Egli ci ispira, e verso Lui camminiamo. Il sentiero si percorre sotto la nuova legge, quella dell’amore. L’amore è il conduttore sicuro dei nostri ideali, espressati così accuratamente in questo quinto capitolo del Vangelo di Matteo.

La vecchia legge del taglione dal libro dell'Esodo (cfr. Es 21,23-35) —fu una legge che impediva la vendetta spietata e limitarla al '“occhio per occhio”. Il sollievo bellico è decisamente superato dalla Legge dell’amore. In questi versetti ci si dà tutta una Magna Carta di morale credente: l' amore a Dio e al prossimo.

Papa Benedetto XVI ci dice: «Solo il servizio al prossimo apre i miei occhi su quello che Dio fa per me e su come Egli mi ama». Gesù ci presenta la legge in una giustizia sovrabbondante, perché il male non si vince facendo più male, ma espulsandolo della vita, tagliando cosi la sua efficacia contro di noi.

Per vincere —ci dice Gesù— si deve avere un grande dominio interiore e la sufficiente chiarezza per sapere per quale legge ci atteniamo: quella dell'amore incondizionale e magnanimo. L' amore lo ha portato alla croce, perché l' odio si vince con l' amore. Questa è la strada per la vittoria, senza violenza, con umiltà e amore gioioso, perché Dio è amore fatto azione. E se le nostre azioni vengono da questo stesso amore che non delude, il Padre ci riconoscerà come figli suoi. Questa è il cammino perfetto, quello dell'amore traboccante che ci conduce sulla corrente del regno, la cui più fedele espressione è la manifestazione sublime di amore versato da Dio nei nostri cuori attraverso il dono dello Spirito Santo (cfr Rm 5,5).
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24/02/2020 08:55
 
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«Credo; aiuta la mia incredulità!»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)

Oggi, contempliamo –ancora una volta!- il Signore richiesto dalla gente («accorsero a salutarlo») e, allo stesso tempo, Lui, interessandosi per le persone, sensibile ai loro bisogni. In primo luogo, quando sospetta che qualcosa succede, si preoccupa per il problema.

Interviene uno dei protagonisti, cioè, il padre di un ragazzo che è posseduto da uno spirito maligno: «Maestro, ho portato da te mio figlio, che ha uno spirito muto. Dovunque lo afferri, lo getta a terra ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce» (Mc 9,17-18).

E’ terribile il male che può arrivare a fare il Diavolo!, una creatura senza carità. Signore, -dobbiamo pregare!-: «Liberaci dal male». Non si capisce come sia possibile che ai nostri giorni , delle persone dicano che il Diavolo non esiste o altre che gli rendono qualche forma di culto... E’ assurdo! Dobbiamo ricavare una lezione da tutto questo: non si può scherzare con il fuoco!

«Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti» (Mc 9,18). Quando Gesù sente queste parole, prova un dispiacere. Se ne addolora, soprattutto, per la mancanza di fede... Manca la fede perché devono `pregare di più´ «Questa specie di demoni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera» (Mc 9,29).

La preghiera è il dialogo “intimista” con Dio. Giovanni Paolo II ha affermato che «la preghiera implica sempre una specie di “ricettacolo” con Cristo in Dio. Solamente in simile`nascondiglio´agisce lo Spirito Santo. In un ambiente intimo di ricettacolo si pratica l’assiduità amichevole con Gesù; partendo dalla quale, prende origine lo sviluppo della fiducia in Lui, cioè, l’aumento della fede.

Questa fede, però, che muove montagne ed espulsa gli spiriti maligni («tutto è possibile per chi crede!») è soprattutto un dono di Dio. La nostra preghiera, in ogni caso, ci predispone a ricevere il dono. Questo dono, però, dobbiamo chiederlo con insistenza: «Credo; aiuta la mia incredulità!» (Mc 9,24). La risposta di Cristo non si farà supplicare!
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27/02/2020 08:56
 
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«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua»

Fray Josep Mª MASSANA i Mola OFM
(Barcelona, Spagna)

Oggi, è il primo giovedì di Quaresima. Abbiamo ancora fresche le ceneri che la Chiesa ci poneva ieri sulla fronte, e che ci introducevano in questo tempo santo, che è un percorso di quaranta giorni. Gesù, nel Vangelo ci indica due rotte: la “Via crucis” che Lui ha percorso, ed il nostro cammino, seguendo Lui.

Il Suo sentiero è il “Cammino della croce” e della morte, ma anche quello della Sua glorificazione: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, (...) venire ucciso e risorgere il terzo giorno» (Lc 9,22). Il nostro sentiero, essenzialmente, non è differente da quello di Gesù, e ci indica qual’è il modo di seguirLo: «Se qualcuno vuole venire dietro a me...» (Lc 9,23).

Abbracciato alla Sua Croce, Gesù seguiva la volontà del Padre, noi, caricando la nostra sulle spalle, lo accompagniamo nella Sua “Via Crucis”.

Il cammino di Gesù, viene sintetizzato in tre parole: sofferenza, morte, risurrezione. Il nostro sentiero, viene anch'esso costituito da tre aspetti (due atteggiamenti e l’essenza della vocazione cristiana): negare noi stessi, prendere ogni giorno la croce e accompagnare Gesù.

Se qualcuno non nega sé stesso e non prende la croce, vuole riaffermarsi ed essere sé stesso, vuole «salvare la sua vita», come dice Gesù. Ma, volendo salvarla, la perderà. Invece, chi cerca di non evitare la sofferenza e la croce, per Gesù, salverà la sua vita. E’ il paradosso di seguire Gesù: «Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?» (Lc 9,25).

Questa parola del Signore che chiude il Vangelo di oggi, scosse il cuore di San Ignazio e ne provocò la sua conversione: «Che succederebbe se io facessi quello che fece san Francesco e quello che fece san Domenico?». Voglia il Cielo che, in questa Quaresima, la stessa parola aiuti a convertire anche noi!
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29/02/2020 09:42
 
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«Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano»

Rev. D. Joan Carles MONTSERRAT i Pulido
(Cerdanyola del Vallès, Barcelona, Spagna)

Oggi, vediamo come avanza la Quaresima e l’intensità della conversione alla quale il Signore ci chiama. L’immagine dell’apostolo ed evangelista Matteo risulta molto rappresentativa per chi possiamo pensare che, a causa del nostro istoriale, o per i peccati personali o situazioni complicate, è difficile che il Signore si fissi in noi per collaborare con Lui.

Dunque, Gesù Cristo, per toglierci da ogni dubbio ci mette come primo evangelista l’ “esattore delle imposte” Levi, al quale, senza preamboli dice: «Seguimi» (Lc 5,27). Con lui fa esattamente il contrario di ciò che una mentalità “prudente” farebbe, se volessimo sembrare “politicamente corretti”. Levi –invece- veniva da un ambiente dove pativa il rifiuto di tutti i suoi compatrioti, giacché veniva giudicato, solamente per il fatto di essere pubblicano, collaborazionista dei romani e, possibilmente, defraudatore per le “provvigioni”, colui che opprimeva i poveri al riscuotere le imposte, infine, un peccatore pubblico.

Quelli che si consideravano perfetti non potevano assolutamente pensare che Gesù non solo non li chiamasse a seguirlo, ma nemmeno che si sedessero alla stessa mensa.

Ma, con questo atteggiamento di sceglierlo, Nostro Signore Gesù Cristo ci dice che piuttosto è di questo tipo di gente di cui Gli piace servirsi per estendere il suo Regno; ha scelto i malvagi, i peccatori, quelli che non sono creduti giusti: «Quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti» (1Cor 1,27). Sono questi quelli che hanno bisogno del medico, e soprattutto, sono quelli che capiranno che gli altri hanno bisogno di loro.

Dobbiamo, quindi, evitare di pensare che Dio voglia espedienti puliti e immacolati per servirlo. Tale espediente lo preparò solo per Nostra Madre. Per noi, invece, soggetti della salvazione di Dio e protagonisti della Quaresima, Dio vuole un cuore pentito ed umiliato. Precisamente «Dio ti ha scelto debole per darti il suo proprio potere» (Sant’Agostino). E’ questo il tipo di gente che, come dice il salmista, Dio non disdegna
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01/03/2020 08:00
 
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«Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato»

Mn. Antoni BALLESTER i Díaz
(Camarasa, Lleida, Spagna)

Oggi, celebriamo la `prima domenica´ di Quaresima. E’ questo un tempo liturgico “forte”, è un cammino spirituale che ci porta alla partecipazione del grande mistero della morte e della risurrezione di Cristo. Giovanni Paolo II ci dice che «Ogni anno la Quaresima ci si propone come tempo propizio per intensificare la preghiera e la penitenza, aprendo il cuore alla docile accoglienza della volontà divina. In essa ci è indicato un itinerario spirituale che ci prepara a rivivere il grande mistero della morte e risurrezione di Cristo, soprattutto mediante l' ascolto più assiduo della Parola di Dio e la pratica più generosa della mortificazione, grazie alla quale poter venire più largamente in aiuto del prossimo bisognoso».

La Quaresima ed il Vangelo di oggi ci insegnano che la vita è un cammino che deve portarci in cielo. Ma per poterlo meritare, dobbiamo essere provati nelle tentazioni. «Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo» (Mt 4,1). Gesù, essendo tentato, volle insegnarci come dobbiamo lottare e vincere nelle nostre tentazioni: con la fiducia in Dio e con la preghiera, con la grazia divina e con la fortezza.

Le tentazioni possono definirsi quali “nemiche dell’anima”. In breve possiamo definirle e sintetizzarle in tre aspetti. In primo luogo, “il mondo”: «di’ che queste pietre diventino pane» (Mt 4,3). Questo suppone vivere solo per ottenere queste cose.

In secondo luogo, “il demonio”: «se gettandoti ai miei piedi, mi adorerai» (Mt 4,9). Questo si manifesta nell’ambizione del potere.

Ed, in fine, “la carne”: «Gettati giù» (Mt 4,6) che significa deporre la fiducia nel corpo. Tutto questo lo esprime meglio San Tommaso D’Acquino dicendo che «la causa delle tentazioni sono le cause delle concupiscenze: il piacere della carne, l’ansietà della gloria e l’ambizione del potere.
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03/03/2020 08:50
 
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«Pregando, non sprecate parole (...) perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno»

Rev. D. Joaquim FAINÉ i Miralpech
(Tarragona, Spagna)

Oggi, Gesù –che è figlio di Dio- mi insegna a comportarmi come un figlio di Dio. Un primo aspetto è quello della fiducia, quando parlo con Lui. Ma il Signore ci avverte: «Non sprecate parole» (Mt 6,7). Ed è che i figli, quando parlano con i loro genitori, non lo fanno con ragionamenti complicati, né dicendo un mucchio di parole, ma con semplicità chiedono tutto quello di cui hanno bisogno. Ho sempre la fiducia di essere ascoltato perché Dio –che è Padre- mi ama e mi ascolta. Di fatto, pregare non è informare Dio, ma chiederGli tutto quello di cui ho bisogno, giacché «Il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che glie le chiediate» (Mt 6,8). Non sarò buon cristiano se non prego, come non può essere buon figlio chi non parla frequentemente con i suoi genitori.

Il “Padrenostro” è la preghiera che lo stesso Gesù ci ha insegnato, ed è una sintesi della vita cristiana. Ogni volta che recito il Padre nostro, mi lascio trasportare dalla sua mano e Gli chiedo ciò di cui ho bisogno ogni giorno per cercare di essere sempre miglior figlio di Dio. Ho bisogno non solo del pane materiale, ma, -soprattutto- del Pane del Cielo. «Chiediamo che non ci manchi mai il Pane dell’Eucaristia». Imparare pure a perdonare e ad essere perdonati: «Per poter ricevere il perdono che Dio ci offre, dirigiamoci al Padre che ci ama», dicono le formule introduttorie al “Padrenostro” della Messa.

Durante la Quaresima, la Chiesa mi chiede di approfondire nella preghiera. «La preghiera, il colloquio con Dio, è il bene più alto, perché costituisce (...)una unione con Lui» (San Giovanni Crisostomo). Signore, ho bisogno di imparare a pregare e ad estrarre conseguenze concrete per la mia vita. Soprattutto per vivere la virtù della carità: la preghiera mi darà forza per viverla meglio giorno dopo giorno. Perciò chiedo quotidianamente che mi aiuti a viverla sempre meglio. Perciò chiedo ogni giorno che mi aiuti a perdonare tanti piccoli dispetti degli altri, come perdonare le parole e gli atteggiamenti offensivi e, soprattutto a non avere rancori, e così, potrò dire sinceramente che perdono di tutto cuore i miei debitori. Lo potrò conseguire perché mi aiuterà in ogni istante la Madre di Dio.
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04/03/2020 08:44
 
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Come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione»

Fr. Roger J. LANDRY
(Hyannis, Massachusetts, Stati Uniti)

Oggi, Gesù ci dice che il segno che darà alla “generazione malvagia” sarà Lui stesso come il “segno di Giona” (cf.Lc 11,30). Allo stesso modo di Giona che permise che lo lanciassero dal bordo della nave per calmare la tempesta che minacciava di farli naufragare e così salvare la vita dell’equipaggio-, allo stesso modo Gesù permise che lo lanciassero dal bordo della vita per calmare le tempeste del peccato che mettono a repentaglio le nostre vite. «Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra prima di abbandonare la tomba» (Mt 12,40).

Il segno che Gesù darà ai “malvagi” di ogni generazione è la Sua morte e risurrezione. La Sua morte, liberamente accettata, è il segno dell’incredibile amore di Dio verso di noi: Gesù diede la Sua vita per salvare la nostra. E la Sua risurrezione dai morti costituisce il segno del Suo potere divino. Si tratta del segno più poderoso e commovente decisamente dato mai.

Ma, inoltre, Gesù è pure il segno di Giona, in un altro senso. Giona fu un immagine ed un mezzo di conversione. Quando nella sua predizione: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta» (Gion 3,4) , mette sull’avviso i niniviti pagani, costoro si convertono, giacché tutti loro – dal re fino ai bambini e agli animali vengono coperti di invoglia e ceneri. Lungo questi quaranta giorni di Quaresima abbiamo Qualcuno molto «più grande di Giona» (Lc 11,32) predicando a tutti noi la conversione: lo stesso Gesù. Conseguentemente, la nostra conversione dovrebbe essere altrettanto convincente.

«Giacché Giona era un servo», San Giovanni Crisostomo scrive, parlando di Gesù Cristo, «ma io sono il Maestro; lui fu gettato alla balena, ma io risuscitai tra i morti; e, mentre lui minacciava la distruzione, Io sono venuto a predicare la Buona Nuova e il Regno».

La settimana scorsa, il Mercoledì delle Ceneri, ci siamo coperti di ceneri, ed ognuno ha ascoltato le parole del primo discorso di Gesù Cristo: «Pentitevi e credete nel Vangelo» (Mc 1,15). La domanda che dobbiamo rivolgerci è: -abbiamo già risposto con una profonda conversione come quella dei niniviti ed abbiamo abbracciato quel Vangelo?
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08/03/2020 09:33
 
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«Fu trasfigurato davanti a loro»

Rev. D. Jaume GONZÁLEZ i Padrós
(Barcelona, Spagna)

Oggi, incamminati verso la Settimana Santa, la liturgia della Parola ci presenta la Trasfigurazione di Gesù Cristo. Sebbene nel nostro calendario c'è un giorno liturgico festivo riservato a quest’evento (il 6 agosto), adesso ci si invita a contemplare la stessa scena nella sua intima relazione con i successi della Passione, Morte e Risurrezione del Signore.

Infatti, si avvicinava la Passione per Gesù e, sei giorni prima di salire sul Tabor, lo annunciò molto chiaramente: aveva detto ai discepoli che Egli «doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno» (Mt 16,21).

I discepoli, però, non erano preparati a veder soffrire il loro Signore. Egli, che si era mostrato sempre compassionevole verso i derelitti, che aveva restituito la bianchezza alla pelle danneggiata dalla lebbra, che aveva restituito la luce agli occhi di tanti ciechi e riabilitate le membra di tanti invalidi, non era possibile che ora il Suo corpo venisse deformato da colpi e dalle flagellazioni. Ma, contutto ciò, Egli affermava, senza diminuzioni: «doveva soffrire molto». Incomprensibile! Impossibile!

Nonostante tutte le incomprensioni, Gesù sa, tuttavia, il perché è venuto a questo mondo Sa che ha assunto tutta la debolezza ed il dolore che pesa sull’umanità, per poterla divinizzare e, così, riscattarla dal circolo vizioso del peccato e della morte, in tal modo che questa -la morte- finalmente vinta, non continui a schiavizzare gli uomini, creati a immagine e somiglianza di Dio.

Perciò, la Trasfigurazione è una splendida immagine della nostra redenzione, dove la carne del Signore viene manifestata nell’esplosione della risurrezione. Così, se l’annuncio della Passione provocò angustia tra gli Apostoli, il fulgore della Sua divinità, li rassicura nella speranza ed anticipa loro il giubilo pasquale, sebbene ne Pietro, ne Santiago, ne Giovanni sappiano con precisione che cosa significhi l’espressione...`risuscitare tra i morti´(cf. Mt 17,9).Tempo verrà che lo capiranno!
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09/03/2020 08:49
 
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«Date e vi sarà dato»

+ Rev. D. Antoni ORIOL i Tataret
(Vic, Barcelona, Spagna)

Oggi, il Vangelo di Luca proclama un messaggio più denso che breve, nonostante sia molto breve. Lo possiamo ridurre a due punti: un inquadramento di misericordia ed un contenuto di giustizia.

In primo luogo, un `inquadramento di misericordia´. Infatti, la consegna di Gesù si distingue come una norma e risplende come un ambiente. Norma assoluta: se il nostro Padre del cielo è misericordioso, noi, quali figli Suoi, dobbiamo esserlo pure. E il Padre è così misericordioso! Nel versicolo precedente afferma: «(...) e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i maligni» (Lc 6,35).

In secondo luogo, un `contenuto di giustizia´. Infatti ci troviamo di fronte a una specie di “legge del taglione” ma agli antipodi (all’inversa) di quella respinta da Gesù («occhio per occhio, dente per dente»). Qui, in quattro momenti successivi, il Maestro divino ci istruisce, prima con due negazioni; poi con due affermazioni. Negazioni: «Non giudicate e non sarete giudicati»; «Non condannate e non sarete condannati». Affermazioni: «Perdonate e sarete perdonati»; «Date e vi sarà dato».

Applichiamolo, in forma concisa, alla nostra vita quotidiana, soffermandoci specialmente sulla quarta ingiunzione, come fa Gesù. Facciamo un coraggioso e chiaro esame di coscienza: se in materia familiare, culturale, economica e politica il Signore giudicasse e condannasse il nostro mondo come il mondo giudica e condanna, chi potrebbe reggersi di fronte al tribunale? (Quando torniamo a casa e leggiamo il giornale o ascoltiamo le notizie, pensiamo solo nel al mondo della politica). Se il Signore ci perdonasse come lo fanno ordinariamente gli uomini, quante persone ed istituzioni otterrebbero il totale perdono?

La quarta ingiunzione, però, merita una riflessione particolare, giacchè in essa, la benedetta (?) legge del taglione che stiamo considerando, risulta, in qualche modo superata. Infatti, se diamo , ci daranno nella stessa proporzione? No! Se diamo, riceveremo –notiamolo bene- «una misura buona, pigiata, colma e traboccante» (Lc 6,38). Ed è la luce di questa straordinaria sproporzione che ci si esorta a dare previamente. Domandiamoci: Quando do, do bene? do considerando il meglio, do pienamente?
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09/03/2020 08:49
 
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«Date e vi sarà dato»

+ Rev. D. Antoni ORIOL i Tataret
(Vic, Barcelona, Spagna)

Oggi, il Vangelo di Luca proclama un messaggio più denso che breve, nonostante sia molto breve. Lo possiamo ridurre a due punti: un inquadramento di misericordia ed un contenuto di giustizia.

In primo luogo, un `inquadramento di misericordia´. Infatti, la consegna di Gesù si distingue come una norma e risplende come un ambiente. Norma assoluta: se il nostro Padre del cielo è misericordioso, noi, quali figli Suoi, dobbiamo esserlo pure. E il Padre è così misericordioso! Nel versicolo precedente afferma: «(...) e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i maligni» (Lc 6,35).

In secondo luogo, un `contenuto di giustizia´. Infatti ci troviamo di fronte a una specie di “legge del taglione” ma agli antipodi (all’inversa) di quella respinta da Gesù («occhio per occhio, dente per dente»). Qui, in quattro momenti successivi, il Maestro divino ci istruisce, prima con due negazioni; poi con due affermazioni. Negazioni: «Non giudicate e non sarete giudicati»; «Non condannate e non sarete condannati». Affermazioni: «Perdonate e sarete perdonati»; «Date e vi sarà dato».

Applichiamolo, in forma concisa, alla nostra vita quotidiana, soffermandoci specialmente sulla quarta ingiunzione, come fa Gesù. Facciamo un coraggioso e chiaro esame di coscienza: se in materia familiare, culturale, economica e politica il Signore giudicasse e condannasse il nostro mondo come il mondo giudica e condanna, chi potrebbe reggersi di fronte al tribunale? (Quando torniamo a casa e leggiamo il giornale o ascoltiamo le notizie, pensiamo solo nel al mondo della politica). Se il Signore ci perdonasse come lo fanno ordinariamente gli uomini, quante persone ed istituzioni otterrebbero il totale perdono?

La quarta ingiunzione, però, merita una riflessione particolare, giacchè in essa, la benedetta (?) legge del taglione che stiamo considerando, risulta, in qualche modo superata. Infatti, se diamo , ci daranno nella stessa proporzione? No! Se diamo, riceveremo –notiamolo bene- «una misura buona, pigiata, colma e traboccante» (Lc 6,38). Ed è la luce di questa straordinaria sproporzione che ci si esorta a dare previamente. Domandiamoci: Quando do, do bene? do considerando il meglio, do pienamente?
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