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Serbava queste cose, meditandole... (Lc.2,19)

Ultimo Aggiornamento: 17/05/2024 07:59
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07/05/2020 08:28
 
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«Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli...»

Rev. D. David COMPTE i Verdaguer
(Manlleu, Barcelona, Spagna)

Oggi, come in quei film che iniziano ricordando un fatto del passato, la liturgia fa memoria di un gesto che appartiene al Giovedì Santo: Gesù lava i piedi ai suoi discepoli (cf. Gv 13,12). Così questo gesto —letto dalla prospettiva della Pasqua— assume una validità perenne. Prestiamo attenzione, solamente, a tre idee.

In primo luogo, la centralità della persona. Nella nostra società sembra che fare sia il termometro del valore di una persona. In questa dinamica è facile che le persone siano trattate come strumenti; facilmente ci utilizziamo gli uni agli altri. Oggi il Vangelo ci incita urgentemente a trasformare questa dinamica in una dinamica di servizio: l’altro non è mai puro strumento. Si tratterebbe di vivere una spiritualità di comunione, dove l’altro —in una espressione di Giovanni Paolo II— arriva ad essere “qualcuno che mi appartiene” e un “dono per me”, al quale bisogna “dare spazio”. Il nostro linguaggio lo ha afferrato felicemente con l’espressione: “esserci per gli altri”. Ci siamo per gli altri? Li ascoltiamo quando ci parlano?

Nella società dell’immagine e della comunicazione, questo non è un messaggio da trasmettere, ma è un incarico da compiere, nel vivere quotidiano «Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica» (Gv 13,17). Forse per questo, il Maestro non si limita a una spiegazione: fissa il gesto del servizio nella memoria di quei discepoli, passando immediatamente alla memoria della Chiesa; una memoria chiamata costantemente ad essere un’altra volta gesto: nella vita di tante famiglie e di tante persone.

Per concludere, un campanello d’allarme: «Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno» (Gv 13,18). Nell’Eucaristia Gesù risorto si fa nostro servitore, ci lava i piedi. Però non è sufficiente con la presenza fisica. Bisogna imparare nell’Eucaristia e prendere coraggio per convertire in realtà che «Avendo ricevuto il dono dell'amore, moriamo al peccato e viviamo per Dio» (San Fulgenzio di Ruspe
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